Arrestato il 6 luglio del 2019 per traffico sessuale di minori e pedofilia Jeffrey Epstein è stato trovato morto nel carcere di New York il 10 agosto dello stesso anno.

Al di là delle circostanze poco chiare relative al decesso del pedofilo più famoso dell’ultimo periodo quello che si vuole affrontare in queste righe sono i fatti che possono spiegare cosa e chi ha contribuito a creare il “caso Epstein”.

Sappiamo davvero chi era Jeffrey Epstein? Come ha fatto a diventare miliardario? Ma soprattutto, chi erano i suoi “amici”? E costoro sapevano cosa faceva davvero?

Il fulcro di ogni indagine che si rispetti è sempre e soltanto uno: il denaro. Partendo da qui non ci sono prove che Epstein abbia guadagnato i suoi milioni con operazioni finanziarie o investimenti autonomamente, sappiamo che era un ricattatore (punto che affronteremo tra poco) ma è certo che aveva un cliente, un contatto in particolare: Leslie (Les) Wexner.

Un cliente decisamente “importante”, sicuramente un uomo potente; Les Wexner è un fondatore del “Mega Group”, un gruppo associato di ebrei miliardari vicini alla filo-filantropia e all’etno-filantropia; tutti donatori fondamentali per la politica negli Stati Uniti e in Israele, con legami decisamente stretti con l’intelligence e il crimine organizzato.

Sotto l’ala di Wexner Epstein ha trovato la collaborazione di un altro uomo dalla posizione rilevante: Larry Silverstein, ex presidente della United Jewish Appeal di New York, Silverstein ufficialmente è un imprenditore che, scampato per “miracolo” all’attacco dell’11 settembre, ha ricostruito la sua torre crollata del World Trade Center dopo aver vinto una battaglia legale con i diversi istituti assicurativi ottenendo un contratto di locazione per 99 anni dal valore di 8 miliardi a meno della metà, e un prestito di 400 milioni di dollari senza interessi.

In verità aveva avviato la sua reale attività già negli anni ’90 occupandosi principalmente di commercio di eroina, riciclaggio di denaro e corruzione con centro nevralgico degli affari nella sua discoteca “Runway 69” nel Queens. Nel ’93 un veterano del Vietnam, Harry P. Miller, presentò denuncia in un tribunale distrettuale federale. Tra i nomi degli imputati l’allora presidente Bill Clinton e Colin Powell capo delle forze armate.

Non è difficile capire perché dopo 4 anni il caso venne definitivamente chiuso e sepolto senza che un solo media ne scrivesse una riga.

Anche Epstein nel 2008 riuscì a uscire praticamente indenne dalle accuse di prostituzione minorile, patteggiando per soli 13 mesi di carcere (mai fatti) ed evitando un processo federale, grazie ad un accordo “inusuale” con il Procuratore dell’epoca: Alex Acosta, che per questa vicenda nel 2019 dovette dimettersi dal suo ruolo di segretario al lavoro nell’amministrazione Trump. Acosta ha giustificato l’evoluzione dei fatti del 2008 parlando di “aggressione” e “assalto” da parte della difesa di Epstein a lui e ai pubblici ministeri del suo ufficio.

Tirando una prima riga per arrivare ad una prima conclusione che funge da punto di partenza, possiamo dire che Epstein e Silverstein (notate nulla nel nome?) non avevano in comune solo la predisposizione ai traffici illeciti e la capacità di uscire indenni ed in brevissimo tempo da situazioni giudiziarie intricate e annose, ma avevano anche e soprattutto gli strumenti per riuscirci.

Non serve essere Sherlock Holmes per capire che per avere questo trattamento di favore è necessario avere alle spalle “amicizie” potenti ed influenti, quindi torniamo al “Mega Group” e per ora analizziamo i suoi legami con il Mossad, puntando l’attenzione su uno degli uomini d’affari che fungevano da liaison: Robert Maxwell.

Robert Maxwell, di origini cecoslovacche e figlio di genitori ebrei è giunto in Inghilterra a soli 16 anni, orfano e senza un soldo, ma è riuscito costruire un vero e proprio impero, diventando direttore di giornali importanti come il Daily Mirror di Londra e il Daily News di New York,fino ad arrivare ad avere un posto nel Parlamento inglese.

Il Moussad, come la CIA, ha l’abitudine di usare il ricatto, sia con gli “amici” che con i “nemici”, Robert Maxwell non era esente da tale trattamento, nonostante i suoi inestimabili servigi (per esempio fu parte importante nell’operazione di controspionaggio “Promis”), era solito intrattenere rapporti con prostitute durante i suoi soggiorni in Israele e il Moussad aveva un’intera libreria di video compromettenti a lui dedicata.

E’ morto in circostanze sospette cadendo dal suo yatch nel 1991, c’è chi sostiene che sia stato assassinato.

Robert Maxwell è anche il padre di Ghislaine Maxwell, attualmente in carcere sta scontando una condanna 20 anni per la collaborazione con Jeffrey Epstein. I due si sono conosciuti a New York, Ghislaine vi si era trasferita York poco dopo la morte del padre, in pochi anni è riuscita ad allacciare stretti rapporti con la famiglia Clinton.

Per raggiungere il suo scopo Robert Maxwell ha cambiato il suo nome, rinnegato la sua religione e instaurato diversi rapporti prima con l’aristocrazia britannica e poi con la cabala internazionale di miliardari, uomini d’affari e mediatori di potere tanto da arrivare ad essere socio in affari dell’altro fondatore del Mega Group: Charles Bronfman, figlio di Samuel Bronfman che, seguendo le orme dei Rockefeller, ha prima imparato e poi instradato i figli, Charles ed Edgard, verso l’uso della filantropia a scopo di copertura di affari illeciti.

Tutti questi personaggi hanno avuto un ruolo chiave nella lobby a favore di Israele, dando vita a coalizioni e a gruppi volti a esercitare pressioni politiche negli Stati Uniti affinché venisse sostenuta e appoggiata l’idea neoconservatrice pro Israele. Molti di questi sostenitori sono tra i principali donatori di Donald Trump.

Un’altra figura esplicativa delle relazioni con l’intelligence israeliana è Ronald Lauder. Ex membro dell’amministrazione Reagan, finanziatore di Netanyahu, vecchio amico di Trump.

Principe indiscusso dell’industria della cosmesi è stato ambasciatore per gli Stati Uniti in Austria, ed ora è questa la posizione che ci interessa.

Durante le indagini svolte dopo l’arresto di Jeffrey Epstein fu trovato un passaporto austriaco con la sua foto ma con un nome falso. Pare che gli avvocati di Epstein abbiano affermato che il documento gli fosse stato consegnato da “un amico” negli anni ’80 quando, sembra, fosse necessario averne uno che non indicasse l’origine ebraica in caso di viaggi fuori confine. Epstein non aveva i requisiti richiesti per ottenere un passaporto austriaco (residenza in Austria e padronanza del tedesco), quindi va da sé che abbia potuto ottenerlo solo per vie non convenzionali come l’aiuto di un funzionario o di un diplomatico influente in Austria.

Non ci sono prove che sia stato Lauder a intercedere per Epstein, il team della difesa di Epstein non ha mai voluto rivelare il nome del citato “amico”, ma Lauder è il punto di collegamento di molte figure che ruotano intorno ad Epstein e se si uniscono i puntini l’immagine è facilmente individuabile: la data del rilascio è il 1987, anno in cui Epstein ha iniziato la sua collaborazione con Leslie Wexner; è l’anno in cui ha dato vita al suo rapporto di amicizia con Alan Greenberg, CEO di Bear Stearns, che lo assunse dopo che lasciò il suo ruolo di insegnante; Lauder è stato anche e soprattutto finanziatore, sostenitore ed artefice della vittoria inaspettata di Netanyahu nel 1997.

Accertato il rapporto con le sfere israeliane ora è più facile supporre che Jeffrey Epstein fosse una pedina sulla scacchiera. Non è certamente un’attenuante, ha scelto di essere uno dei peggiori criminali commettendo il peggiore dei reati, ma è necessario guardare il sistema che lo ha coinvolto e poi eliminato per rendersi conto di quanto questo sistema stesso sia “evoluto”, radicato e incancrenito.

Alla luce dei fatti si può evincere che Epstein fosse a servizio del Moussad per creare veri e propri archivi da usare al bisogno? E’ molto probabile, soprattutto considerando un altro tassello del puzzle, il cui nome è Ehud Barak.

Ex ministro israeliano, vicino a Mega Group con Leslie Wexner, amico di Jeffrey Epstein, fondò con lui una start-up israeliana chiamata “Reporty”, oggi “Carbyne”. Ufficialmente il prodotto venduto da questa società è un software destinato ai servizi di emergenza per accedere alla telecamera e alla posizione del chiamante in difficoltà, ma non ci si allontana molto dalla realtà se si afferma che questa applicazione è uno strumento di sorveglianza di massa e dopo “Promis” e l’esempio cinese con un programma simile forse è il caso di tenere gli occhi ben aperti.

Il dettaglio che avvalora la tesi che si sta tentando di provare è che la squadra operativa di questa società è composta interamente da membri dell’Unità 8200, unità di intelligence paragonabile all’NSA americano.

Attenzione, non si sta affermando che Epstein fosse un agente esclusivo dell’intelligence israeliana, anzi, visti i collegamenti con Wexner e i personaggi sopra citati, è più coerente provare a pensare che lavorasse per una vera e propria rete di criminalità organizzata con legami economici e commerciali con i servizi segreti israeliani e statunitensi, intrecciati a loro volta tra loro con esponenti della politica a livello internazionale.

Probabilmente uno dei tanti successori del mafioso Meyer Lansky che gestì per decenni operazioni di traffico minorile e ricatto sessuale anche grazie ai rapporti con l’FBI e che nel tempo divenne “arma” del senatore repubblicano Joseph McCarthy negli anni ’50 per condurre la sua battaglia politica anticomunista, fino ad entrare in stretto contatto con Ronald Reagan e Donald Trump.

Nella seconda parte approfondiremo alcuni aspetti accennati e introdurremo nuovi spunti di riflessione, il mostro che orchestra il traffico di bambini e la pedofilia ha tentacoli ovunque, probabilmente molti ancora celati.

A presto,

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