
Nella nostra quotidianità l’espressione “Sviluppo sostenibile” è diventata una vera e propria costante, di concerto con la parola “Agenda”, la quale non rappresenta altro che dei protocolli di esecuzione di tutte quelle trasformazioni economiche, sociali, culturali, ambientali, tecnologiche ecc che i poteri forti vogliono implementare. Abbiamo visto negli altri articoli le ragioni per le quali Russia, Cina e Stati Uniti siano l’asse portante di questo NWO (Europa compresa, la quale deve sparire per lasciare spazio all’Eurasia) e di come l’Agenda sia globale e uguale per tutti, con la differenza che viene implementata in maniera diversa di paese in paese, a seconda delle rispettive soggettività di natura culturale, economica, sociale, ambientale e in base alle risposte date dalle diverse finestre di Overton che vengono aperte.
L’aspetto dell’Agenda che in questo articolo si vuole trattare è quello inerente ad una parte dei piani ambientali, nello specifico il Progetto Wildlands, tematica fondamentale di quella che è stata definita nella fattispecie Agenda 21. Essa si identifica come il piano comprensivo di azione da attuare a livello globale, nazionale e locale dai sistemi organizzativi dell’ONU. Il documento è formato da quaranta capitoli che indicano le modalità di controllo da esercitare sulle persone e sul creato. Queste linnee guida però non sono state concepite di recente, bensì molto tempo fa, ma senza spingersi troppo lontano, cito un estratto del Report della Commission on Global Governance del gennaio del 1996, apparso poi sull’Ecologic Megazine e pubblicato dall’Environmental Conservation Organization, Hollow Rock, TN:
“L’impulso a possedere il territorio è potente per tutte le specie; eppure, le persone lo devono superare. La sensibilità sul rapporto tra responsabilità internazionale e sovranità nazionale è un notevole ostacolo alla leadership a livello mondiale. La sovranità è un principio che cederà solo lentamente e con riluttanza agli imperativi della cooperazione ambientale globale”.

La comunità scientifica è sempre stata a conoscenza del fatto che l’èlite persegue l’obiettivo di un governo mondiale unico, ma a parte rarissime eccezioni ormai passate, nessuno si è mai opposto. Il primo documento ufficiale in merito all’Agenda ambientale si intitola “Our Global Neighborhood, ovvero il rapporto della Commissione sulla governance globale che, come evidenziato dalla dichiarazione citata sopra, si prospetta come un indicatore della fiducia che gli ambientalisti hanno nei confronti della possibilità di successo di attuare i piani per la tutela ambientale in discussione. Gli sviluppatori sostenibili hanno istituito un movimento internazionale coordinato attraverso un piano d’azione globale e locale per creare un governo mondiale in accordo a determinati obiettivi. Questi includono la fine della sovranità nazionale, l’abolizione della proprietà privata, la distruzione dell’unità famigliare e le restrizioni crescenti sulla mobilità e le opportunità individuali. Tutto ciò dovrebbe mettere in allarme le persone, eppure sono in tanti (specie giovani) coloro che bloccano le strade, boicottano la qualunque, o che fanno qualsiasi cosa in nome dell’ambiente senza sapere di essere manipolate da coloro che il creato lo vogliono distruggere.

Il piano all’epoca era quello di convocare una Conferenza Mondiale sulla Governance Globale più o meno sulla falsa riga del Vertice della Terra che si tenne a Rio de Janeiro nel 1992. L’ambientalista malthusiano Dave Foreman, co-fondatore di Earth First movimento ecologista nato nel 1979 negli Stati Uniti d’America (sovvenzionato anche dalla fondazione Rockefeller), pubblicò il suo libro “Confessions of an Eco Warrior” intorno al 1991, un testo che altro non era che il manifesto di quella che doveva essere la battaglia per l’ambiente su scala globale e dove egli descrisse una visione del mondo di cui solo pochi hanno colto le terribili conseguenze. Una su tutte, la più importante, ovvero che oggi, il sogno di Foreman noto come Wildlands Project si è trasformato in un incubo orwelliano sostenuto da innumerevoli agenzie delle Nazioni Unite, tanto da essere stato integrato allo stesso “Programma ambientale delle Nazioni Unite” (UNEP), dall’UNESCO, dal Sierra Club e dal The Nature Conservancy. Degno di nota è il fatto che il Sierra Club ha eletto poi Dave Foreman nel suo consiglio di amministrazione e da quel momento, il Wildlands Project ha preso il via negli Stati Uniti e poi in Europa.



In questo articolo vorrei presentare le prove del piano atte a limitare l’uomo dietro la scusa della tutela ambientale. La quantità di informazioni al riguardo è notevole, in particolare risulta indispensabile un’analisi approfondita dei documenti del Dr. Michael S. Coffman presentati nel suo libro “Rescuing a Broken America: Why America is Deeply Divided and How to Heal it Constitutionally”, del trattato “Religious Impact of the International Environmental Agenda” dello staff di Environmental Perspectives, Inc., Bangor, Maine, del programma statunitense “Man and Biosphere”, del “Rapporto Speciale dell’American Heritage Rivers Project” di Marilyn Brannan (editore associato di Monetary & Economic Review).
In prima battuta è necessario evidenziare che il quadro giuridico del piano si trova nell’articolo 8a-e della “Convenzione sulla diversità biologica”, ossia il trattato che l’ex presidente degli Stati Uniti Bill Clinton aveva già firmato e che il Senato per poco non rattificò nel settembre del 1995. La struttura concettuale del piano, naturalmente, è rappresentata dal Wildlands Project, il che è dimostrato dal fatto che viene descritto con estrema minuziosità nella sezione 10.4.2.2.3 della “United Nations Global Biodiversity Assessment (GBA)”, precisamente nella parte che definisce i protocolli di abilitazione e applicazione per il Trattato sulla biodiversità. Stando alle indicazioni del GBA, le cosiddette riserve alle quali si fa riferimento includerebbero aree selvagge e parchi nazionali, mentre le zone definite “cuscinetto” interne non consentirebbero l’agricoltura, quindi non più di 0,5 miglia di strada per miglio quadrato di terra, una sorta di campeggio primitivo. Anche questa è storia antica, infatti, nel giugno del 1993 la rivista “Science” riportò che il piano prevedeva che il 23,4% della terra era da destinarsi come terre selvagge, quindi non all’essere umano (ma nemmeno al regno animale), mentre il 26,2% disposto a corridoi e zone cuscinetto umane logisticamente limitate e limitanti.

Tutto questo rientra nei precetti di Foreman, ma il piano, in realtà venne sviluppato nei minimi dettagli dal Dr. Reed Noss grazie alle sovvenzioni di The Nature Conservancy e National Audubon Society e venne pubblicato per la prima volta su Wild Earth dalla Cenozoic Society di cui Foreman era presidente. Sovvenzionato dalla Ira Hiti Foundation for Deep Ecology, vennero prodotte e distribuite inizialmente 75.000 copie del piano. Dopo il grande successo riscosso si passò ad una fase successiva, ossia istituire il Wildlands Project come una vera e propria società con uffici dislocati in Arizona e in Oregon. Al Wildlands Project poi, iniziò a lavorare il comparto tecnico del “Biosphere Reserve Program”, una creazione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la Cultura (UNESCO). L’obiettivo, concepito nel 1971, fu quello di designare siti in tutto il mondo per la conservazione e per proteggere la biodiversità delle aree scelte a livello globale. Il tutto non si deve intendere solo sul piano dell’essere umano, ma anche su quello del regno animale, non è un caso che da decenni si assiste alla continua “scomparsa” di specie animali, per non dire alla decimazione delle stesse, vedasi il drastico calo dei fenicotteri rosa nel Botswana (dove questi ogni anno si recano per riprodursi) solo per fare un esempio.
Il Sierra Club poi iniziò con il ridisegnare da zero la mappa del Nord America in 21 “bioregioni”.
Riportiamo testualmente le varie suddivisioni estrapolate dal “Rapporto Speciale dell’American Heritage Rivers Project” di Marilyn Brannan:
1 – Area selvaggia, designata come habitat di piante e animali. L’abitazione umana, l’uso o l’intrusione sono vietati;
2 – Zone cuscinetto che circondano le aree selvagge. L’accesso umano è rigorosamente limitato e controllato;
3 – Zone di cooperazione, le uniche zone in cui gli esseri umani possono vivere;
Stando agli studi del Dr. Michael Coffman di Environmental Perspectives, Inc., una strategia per implementare riserve e corridoi sarebbe la seguente:
1 – Iniziare con un programma apparentemente innocente come “Aree Patrimonio dell’Umanità in Pericolo” e regolamentare tutte le attività umane in una zona cuscinetto di 14-18 milioni di acri intorno al Parco nazionale di Yellowstone;
2 – Dichiarare tutte le terre federali come zone cuscinetto, insieme alle terre private all’interno dei confini dell’amministrazione federale;
3 – Convertire terre ed ecosistemi federali critici in riserve;
4 – Convertire in riserve tutti i servizi forestali, le praterie e i rifugi della fauna selvatica. Aggiungere riserve e corridoi mancanti in modo da preservare il 50% del paesaggio sulla base del Programma del Patrimonio Mondiale delle Nazioni Unite (Convenzione delle Nazioni Unite sulla diversità biologica, articolo 8a-e; Valutazione globale della biodiversità delle Nazioni Unite, sezione 10.4.2.2.3).
Una rapida disamina di quanto esposto fino adesso non fa altro che corroborare la conclusione inerente al fatto che si tratta di un’Agenda radicale progettata per controllare non solo la terra, ma anche l’essere umano e il regno animale. Stando al Wildlands Project, per quanto riguarda gli Stati Uniti, almeno il 50% della superficie del continente americano verrebbe “restituito” alle aree selvagge centrali dove l’attività umana è vietata. Queste aree poi verrebbero collegate da corridoi di pochi chilometri, mentre le aree centrali (così come i corridoi) sarebbero circondati da “zone cuscinetto” in cui sarebbe consentita l’attività umana “gestita”, a condizione che la protezione della biodiversità venga messa al primo posto.
UNEP
Nel dicembre del 1972 la risoluzione 2997 delle Nazioni Unite stabilì il cosiddetto “Programma ambientale delle Nazioni Unite” (UNEP), adottato successivamente dall’Assemblea generale dell’organizzazione. Questo vademecum rappresenta il catalizzatore dell’intero movimento per riorganizzare la società con il pretesto di “salvare l’ambiente”. Sostanzialmente, esso ha ridisegnato il mondo intero in bioregioni ed è responsabile di tutti i cambiamenti della politica ambientale che si sono verificati a livello globale negli ultimi quarant’anni. Il programma, pubblicato dal già citato “Environmental Conservation Organization, Hollow Rock, TN, come descritto nei documenti dell’UNEP è quello di:
1 – Ridisegnare i territori per differenziare le caratteristiche biologiche piuttosto che la giurisdizione politica;
2 – Raggruppare le popolazioni umane in insediamenti che riducano al minimo l’impatto sulla biodiversità;
3 – Educare gli umani all’”Etica Gaia”, la quale sostiene che Gaia sia il creatore di tutta la vita e che tutta la vita è una parte del creatore;
4 – Creare un nuovo sistema di governance basato sul processo decisionale nel quadro degli accordi internazionali;
5 – Ridurre l’uso delle risorse naturali:
(a) Riducendo la popolazione;
(b) Ridurre i consumi;
(c) Passaggio a una tecnologia “appropriata”;
La parte numero tre non è altro che il cuore della “Religione” del Nuovo Ordine Mondiale e il punto A della parte cinque dice espressamente di “Ridurre la popolazione mondiale”.

Vorrei sottolineare il passaggio in cui si evince molto chiaramente che gli esseri umani saranno raggruppati secondo un piano generale. Le popolazioni devono essere “autosufficienti” e ciò significa niente di più e niente di meno che uno standard di vita notevolmente basso. Nello stesso tempo non passa inosservata l’enfasi sul punto in cui si parla di un “passaggio a una tecnologia appropriata”, il che sta ad indicare l’implementazione di nuovi e sempre più invasivi sistemi di controllo.
Lo stesso vale per il punto in cui viene menzionata l’Etica gaia, ossia il culto della natura come “etica” suprema (religione mondiale), la quale non rappresenta altro che il vero volto del Panteismo. Si noti il riassetto dei poteri dei governi: “processo decisionale locale nel quadro di accordi internazionali”, ovvero la manipolazione e successiva ulteriore frammentazione dell’opposizione pubblica in piccoli blocchi sempre più facilmente gestibili.
Infine, si tenga conto dell’importanza relativa al tema della popolazione ridotta. Dunque, il programma in corso per minare il concetto relativo ai diritti di proprietà privata (e non solo) risulta la prova decisiva a testimonianza del fatto che l’èlite ha accelerato sul processo di collettivizzazione globale del pianeta. A qualcuno potrà sembrare strano, ma i veri comunisti sono i capitalisti, così come i veri capitalisti sono i comunisti; ergo, i grandi banchieri internazionali.
In tutto questo, un ruolo fondamentale è giocato dalle organizzazioni non governative (ONG), le quali costituiscono il “comparto tecnico” che sta guidando il Wildlands Project (e la stessa Agenda ambientale) verso la governance globale. Queste eseguono gli ordini impartitegli direttamente dalle più alte camere di governo delle Nazioni Unite fino ai consigli comunali a livello locale. I compiti riservati alle ONG come il Sierra Club sono diversi, come ad esempio creare agitazione e disagi all’interno dei paesi, collaborare con le lobbying a livello nazionale e internazionale, escogitare propagande per screditare persone e organizzazioni contrarie alla nuova etica globale. Stando ai rapporti della Commissione sulla governance globale, esistono circa 30.000 ONG internazionali, la maggioranza delle quali (per non dire tutte) coinvolte nella promozione dell’Agenda verde, Wildlands soprattutto. Tre delle ONG più potenti sono l’Unione internazionale per la conservazione della natura (IUCN), il World Wildlife Fund (WWF) e il World Resources Institute (WRI). Le questioni globali come il Trattato sulla biodiversità sono diventate il fulcro delle ONG e dispongono di forti circoscrizioni nazionali in tutti gli Stati Uniti e l’Europa, personale e finanziamenti di quantità inimmaginabili da parte di varie fondazioni come la Rockefeller Foundation o la Open Society. Lo stesso vale per i Green Advocacy Group, ovvero i Gruppi di Difesa ambientale, i quali abbracciano l’Agenda verde globale come fosse una vera e propria religione a cui tutte le persone devono convertirsi.
I GAG sono convinti che la loro missione sia nobile e disprezzano i principi, le leggi e le persone che ostacolano i loro obiettivi e si sono organizzati per impiegare ogni mezzo per raggiungerli. Non di meno, per ogni punto dell’Agenda globale principale esiste un GAG incaricato di coordinare l’attività di altri GAG in tutto il mondo. La Rockefeller Environmental Grantmakers Association si riunisce ogni anno per finanziare quei GAG i cui programmi promuovono l’Agenda Green, mentre L’EPA e altre agenzie governative americane ed Europee integrano quei fondi con massicce sovvenzioni da parte dei contribuenti, chiedendoci quindi di sovvenzionare proprio quei programmi che alla fine distruggeranno i nostri diritti di proprietà e cancelleranno le nostre libertà individuali.
La manipolazione della legge, dei tribunali e dei sentimenti delle comunità locali è una tipica strategia utilizzata dai GAG per implementare il Wildlands Project in tutti i paesi, non è un caso che questi siano ben infiltrati all’interno dei governi, dei media, nelle scuole e ora anche nella chiesa (Papa Imbroglio tiene molto ai piani malthusiani). Passo dopo passo l’Agenda verde viene implementata, opposizioni non ce ne sono, il che fa presagire che con il passare del tempo sarà sempre più difficile difendersi, specie se si pensa che progetti come questo sono stati concepiti per togliere delle possibili vie di fuga alle persone che vogliono fuggire dalle città per sottrarsi al nuovo sistema che avanza. Lo spopolamento delle campagne avvenuto in questi ultimi cinquant’anni non è un fenomeno casuale, ma voluto. Operando in questo modo, sono riusciti a concentrare il maggior numero di persone possibili nelle città (grandi e piccole), aprendosi così il varco per iniziare ad arrivare alle campagne, alle cosiddette aree selvagge e fare in modo, nel futuro, che quante meno persone possibili possano trovarvi rifugio. Il tutto, condito e favorito dal potere di manipolare l’economia attraverso il monopolio del denaro, la cui cosa, sancisce ai lorsignori di avere potere sulla vita delle persone.
I Gruppi di difesa ambientale (GAG) e le organizzazioni non governative (ONG) impegnate nell’Agenda verde stanno facendo passi da gigante, l’attuazione dei programmi per la ristrutturazione totale della società e del creato è ben avviata. Ovunque i privati cittadini vengano derubati della loro terra (negli USA attraverso nuovi disegni di legge come il Desert Wilderness Protection Act o l’espropriazione della terra da parte dell’EPA), sia con sentenze amministrative (in Europa) che rendono la terra privata inutilizzabile dai suoi proprietari, il programma per la ridistribuzione e il controllo definitivo della popolazione umana si concretizza sempre di più.
Tutto quello che è stato esposto fino adesso potrebbe essere liquidato come ridicolo se non fosse per il suo ruolo centrale nella Convenzione delle Nazioni Unite sulla diversità biologica e per il suo sostegno religioso da parte di quasi tutte le ONG ambientaliste, i GAG, i governi e via discorrendo. L’Agenda 21 (e Wildlands Project annesso) insieme al Trattato sulla biodiversità consentirebbero a un Consiglio di amministrazione fiduciaria delle Nazioni Unite ristrutturato e irresponsabile di regolamentare qualsiasi attività umana che presenta un potenziale danno alla diversità biologica. Tuttavia, nel mondo che questi geni del male hanno prospettato, non viene preso di mira solo l’essere umano, bensì anche il regno animale e tutto il creato stesso.
Cosa si può fare? Rifiutare, Rifiutare tutto ciò che vogliono implementare. Sul denaro non dirò nulla, ne ho parlato alla nausea, ma sul resto, il leitmotiv è sempre lo stesso. Bisogna dire “No!” a tutto ciò che vogliono fare e agire in tal senso, ribellandosi in ogni modo possibile. Mi rendo conto che non è facile, ma è necessario, bisogna capire che niente di tutto ciò è stato concepito per il nostro benessere, per la nostra tutela o quella dell’ambiente. E mi rendo conto che è difficile opporsi, poichè la maggioranza di noi ha molto ben chiaro ciò che vuole, ma non ha la minima idea di ciò che realmente non vuole.
La forza di poter dire di “No!” nasce da questa consapevolezza, ovvero non tanto, o comunque non solo grazie alla conoscenza e alla nozione in sé; dobbiamo capire cosa non vogliamo per arrivare a comprendere realmente ciò di cui abbiamo bisogno. Solo così, a mio avviso, avremo la forza di opporci una volta per tutte.
Fonti
- Report Commission on Global Governance, January 1996;
- Religious Impact of the International Environmental Agenda;
- Biosphere Reserve Program (ONU);
- Special grant from the American Heritage Rivers Project – Marylin Brannan;
- Convention on Biological Diversity, 1992;
- United Nations Environment Program, 1972;
- United National Global Biodiversity Assessment;
Bibliografia
- Rosa Koire- Dietro la maschera verde;
- Michael S. Coffman – “Rescuing a Broken America: Why America is Deeply Divided and How to Heal it Constitutionally”, del trattato “Religious Impact of the International Environmental Agenda”;
- Christian Mayers – Tactics of the New World Order: Agenda 21 and Your Child;
- Dave Foreman – Eco War;



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