

Questo articolo nasce dall’esigenza di fare un pò di chiarezza su un argomento che specialmente in questo ultimo anno è diventato sempre più caldo: l’Africa. Si sente parlare del Niger, del Burkina Faso e molto altro, ma la maggioranza delle notizie che arrivano non fanno altro che dare adito ad una propaganda che vede il continente africano opporsi al potentato mondialista dei grandi banchieri internazionali, quando è esattamente il contrario.
È cosa nota che l’Africa sia un continente ricco, tuttavia i prodotti che provengono da questa terra meravigliosa e quanto mai martoriata, continuano ad arricchire non gli africani, ma gruppi e individui che operano per l’impoverimento del continente, i quali sono gli stessi che determinano le sorti economico finanziare (e non solo) del resto del mondo. Come dimenticare le parole famose pronunciate dal grande Thomas Sankara in quel di Abbis Abeba nel 1987, poco prima di essere assassinato dall’uomo che gli succedette e che restò al potere per ben 26 anni:
«Le masse popolari in Europa non sono contro le masse popolari in Africa. Ma quelli che sfruttano l’Africa sono gli stessi che sfruttano l’Europa. Abbiamo un nemico comune!»
Parole tra le più vere mai pronunciate da un uomo che poi, sottolineò come non solo l’Africa e l’Europa avessero un nemico comune, bensì il mondo intero.

Con una popolazione approssimativamente stimata di 1,4 miliardi, l’Africa è tra le terre più ricche del pianeta ed è al centro di una crescente domanda a livello internazionale. Basti pensare che essa possiede oltre il 40% delle risorse idriche potenziali mondiali, maggiore di qualsiasi altro continente. Eppure, meno del 5% di questo volume viene utilizzato. Pur tenendo conto delle vaste distese desertiche del Sahara, in Africa c’è ancora più terreno coltivabile e da pascolo di quanto ne esistano negli Stati Uniti, in Russia o addirittura in Asia. Se le molteplici risorse dell’Africa fossero utilizzate per il suo stesso sviluppo, potrebbero collocarla tra i continenti più avanzati e fiorenti del mondo, ma esse sono state e sono ancora utilizzate per il maggiore sviluppo degli interessi esteri.
Come è stato possibile tutto ciò? Naturalmente non posso riportare l’intera storia poiché ne verrebbe fuori un libro di oltre duemila pagine, ma è possibile fare un’analisi accurata e profonda che dipani la nebbia sulla realtà storica e attuale.
Sud Africa
Un punto di partenza significativo per descrivere e avere così un’idea chiara dell’Africa odierna è rappresentato dal Sud Africa. Sulla strada tracciata dal grande professore della Georgetown University Carrol Quigley con i suoi “Tragedy and Hope” e “Angloamerican Establishment”, da Brian Roberts con il suo “Cecil Rhodes: Flawed Colossus”, da Robin Brown con il suo “The Secret Society”, da Robert. I Rotberg con “The Founder – Cecil Rhodes and the pursuit of power”, per finire a Stephen Mitford Goodson (assassinato nel 2017) con “Storia delle banche centrali e dell’asservimento del genere umano” e “Inside the South African Reserve Bank: Its Origins and Secrets Exposed” e molti altri, possiamo ricostruire una linea diretta che parte dal passato e che ci porta alla situazione attuale.
La conquista del Sudafrica è uno degli episodi fondamentali della storia. Nel febbraio del 1891, tre uomini si incontrarono in quel di Londra. Da questo incontro sarebbero scaturite delle conseguenze della massima importanza per il mondo intero. Si badi bene che questa tappa, se così vogliamo chiamarla, è di rilevanza significativa, poiché interconnessa a quanto sta accadendo oggi e che abbiamo anche esaminato nell’articolo dedicato al paravento dei BRICS. Questi uomini stavano organizzando una società che sarebbe diventata una delle forze più importanti nella formulazione e nell’esecuzione di quello che si definisce Nuovo Ordine Mondiale. Il personaggio di spicco di questa riunione era Cecil Rhodes, imprenditore e politico britannico, vero e proprio “costruttore di imperi” (Cit. Carrol Quigley) e la persona più importante del Sud Africa. Il secondo era William T. Stead, il più famoso giornalista dell’epoca, mentre il terzo era Reginald Baliol Brett, più tardi noto come Lord Esher, amico e confidente della regina Vittoria e più tardi il consigliere più influente di re Edoardo VII e re Giorgio V.



Questi tre uomini stilarono un piano di organizzazione della loro società segreta e un elenco dei membri originari. Il piano organizzativo prevedeva una cerchia ristretta, nota come “La Società degli Eletti”, e una cerchia esterna, nota come “L’Associazione degli Aiutanti”. All’interno della Società degli Eletti, il vero potere doveva essere esercitato dal leader e da una “Giunta di Tre” (Cit. Carrol Quigley – Angloamerican Establishment). Il leader designato era Rhodes, e la giunta doveva essere costituita da Stead, Brett e Alfred Milner – foto seguente – (agente dei Rothschild, I visconte, politico britannico, Alto Commissario britannico per il Sud Africa e Governatore della Colonia del Capo tra il 1897 e il 1899). In accordo con questa decisione, Milner fu aggiunto alla società da Stead poco dopo l’incontro.

La creazione di questa società segreta era il frutto di un piano ben congeniato e a lungo termine, tanto che Cecil Rhodes aveva pianificato l’incontro appena menzionato per più di diciassette anni. Lo stesso professor Quigley, nell’opera citata “Anglo American establishment” ci informa che:
“Stead era stato introdotto il 4 aprile 1889 e Brett ne era stato informato il 3 febbraio 1890. Né la società così fondata era una cosa effimera, poiché, in forma modificata, esiste ancora oggi. Dal 1891 al 1902 era noto solo a una ventina di persone. Durante questo periodo, Rhodes era il leader e Stead era il membro più influente. Dal 1902 al 1925, Milner fu il leader, mentre Philip Kerr (Lord Lothian) e Lionel Curtis furono probabilmente i membri più importanti. Dal 1925 al 1940, Kerr fu leader, e dalla sua morte nel 1940 questo ruolo è stato probabilmente interpretato da Robert Henry Brand (ora Lord Brand).”
Ne è passato di tempo da allora, ma senza ripercorrere tutte le vicissitudini, andando al nocciolo della questione, quando Cecil Rhodes morì nel 1902, il suo testamento stabilì che l’esecutore testamentario, Nathaniel Mayer Rothschild, usasse la maggior parte del patrimonio per il cosiddetto Rhodes Trust (1903). Rhodes ha cercato di sostenere i giovani promettenti dell’Impero britannico a frequentare l’Università di Oxford. Nel 1976, il testamento di Rhodes fu modificato per consentire alle donne Rhodes Scholars di aumentate il loro numero per eguagliare gli uomini. Durante il ventesimo secolo, il Rhodes Trust è stato rimodellato e si è ingrandito per poi diventare un’istituzione globale. Per chi non lo sapesse, nel 2003, il massone e cavaliere di Malta Nelson Mandela ha collaborato con il Rhodes Trust per creare la Mandela Rhodes Foundation. Per avere un’idea di cosa sia oggi questa società fatta e finita che ha preso il nome di Round Table (dalla quale sono nate il RIIA – Royal Institute International Affairs e il CFR – Council on Foreign Relations) a distanza di più di un secolo da quell’incontro avvenuto nel 1891, basta guardare la terza immagine, anche se l’avete già vista se avete letto gli altri articoli.



L’immagine seguente, tratta dal saggio di Gary Allen intitolato “Nessuno osi chiamarla cospirazione”, ci mostra come questo potere si disciplina a scendere dall’alto verso il basso.

Cecil Rhodes era il quinto figlio di un pastore anglicano. A causa delle sue condizioni di salute che facevano presupporre la Tisi, ancora diciottenne, venne spedito dal padre presso la fattoria del fratello, nella colonia del Natal, parte sudorientale dell’odierno Sudafrica. La fattoria non ebbe buona sorte, il terreno non era adatto alla coltivazione del cotone e i due fratelli si spostarono poi a Kimberley nel Griqualand. Kimberley in quel periodo era la meta di avventurieri e immigrati da tutto il mondo, spinti dalla scoperta di una gigantesca miniera di diamanti sul suo territorio (oggi chiamata The Big Hole), che era però contesa dalle repubbliche boere dell’Oranje-Vrystaat e del Transvaal e dai Griqua, un popolo afro-olandese che si era stabilito lì da decenni. Il capo dei Griqua Andries Waterboer fece opposizione contro le pretese del Transvaal e dichiarò indipendente il territorio e chiese agli inglesi di assumerne il controllo, i quali poi lo dichiararono colonia reale.
Cecil Rhodes in questa situazione trovò il modo di trarre profitto dalla vendita di pompe idrauliche ai minatori e con i guadagni iniziò ad acquistare concessioni minerarie dagli stessi che avevano acquistato da lui. Tuttavia, il mercato dei diamanti era afflitto da sovrapproduzione ed il numero delle compagnie minerarie di Kimberley era già sceso vertiginosamente. Le più grandi erano appunto la compagnia di Rhodes, la Barnato Diamond Mining Company di Barney Barnato (foto seguente – magnate dei diamanti che ottenne il controllo dell’estrazione dei diamanti prima e di quello dell’oro in Sud Africa dal 1870 fino alla Prima guerra mondiale poi, rivale appunto di Cecil Rhodes) e la Compagnie Française des Mines de Diamants du Cap de Bonne Espérance.

Rhodes ben presto iniziò ad essere uno dei maggiori proprietari di concessioni minerarie di Kimberley e riuscì a trovare ulteriori fondi per la sua espansione dalla Banca Rothschild di Londra. Non solo, egli riuscì a far quotare in borsa per primo la sua compagnia e con il denaro ottenuto, insieme all’appoggio del gruppo bancario dei Rothschild, fece un’offerta per l’acquisto della compagnia francese. Barney Barnato superò la sua offerta, ma fu invitato a ritirarla tramite un accordo con lo stesso Rhodes che si offrì di rivendergliela ad un prezzo stracciato, aggiungendo però il 20% delle quote della sua compagnia. Barnato accettò l’offerta, ma nel mentre, Rhodes rastrellò sul mercato le azioni della compagnia di Barnato presentandosi alla fine con un pacchetto del 35% che lo aveva trasformato nel secondo azionista.
Barnato cercò di mantenere il controllo della sua compagnia, ma un ulteriore calo del prezzo dei diamanti gli fece accettare la proposta di Rhodes di fondere le loro società in una unica sola, in modo da avere il controllo completo della miniera di Kimberley. E fu così che nacque la De Beers Consolidated Mines (oggi De Beers S.A – foto seguente) la più grande società di rinvenimento, lavorazione e commercializzazione di diamanti del mondo.


Cecil Rhodes a questo punto, operando in regime di monopolio, vendette i suoi diamanti ad un solo cartello di dieci compagnie di Londra (ma tu guarda, quando si dice il caso) fra i quali Barnato e suo fratello, ad un prezzo concordato ben più alto di quello attuale ed in quantità in linea con la domanda del mercato. Nel 1877, nel frattempo, la Colonia del Griqualand veniva incorporata dentro la Colonia del Capo e Rhodes poté intraprendere anche la carriera politica facendosi eleggere nel 1880 al parlamento della colonia. Rhodes fondò la sua seconda compagnia di successo, la British South Africa Company (BSAC), la quale ricevette nel 1889 il Royal Charter per agire come agente degli interessi della corona nei territori ancora non esplorati a nord della Colonia del Capo, similarmente a quello che era il sistema coloniale della British East Company in India.
Il Charter aveva una durata di 25 anni, rinnovabile alla scadenza e fu subito messo in opera nei territori a sud del fiume Zambesi. La strategia funzionò e i ritorni sugli investimenti nella miniera di Kimberley furono eccellenti. La compagnia poteva quindi riscuotere (e lo fece) direttamente le tasse agli africani, imporre la requisizione di terre e bestiame, gestire una milizia privata che svolgeva anche compiti di polizia, oltre ad avere ovviamente il monopolio su tutte le risorse minerarie naturali, e fu così che l’intero Sud Africa, nel giro di pochissimi anni, venne messo letteralmente in ginocchio. Infatti, i poteri che erano stati delegati alla compagnia arrivavano fino all’emissione di denaro (che “coincidenza”) e francobolli per l’uso all’interno del territorio oggetto del Royal Charter prima, esteso poi con l’allargamento dell’egemonia al di là dei confini sudafricani.
Rhodes nel 1890 divenne primo ministro della Colonia del Capo, sommando quindi nella sua persona un potere politico ed economico allo stesso tempo con pochi precedenti nella storia contemporanea all’infuori delle case regnanti. Di seguito lo stemma del BSAC, la bandiera e il primo Consiglio di amministrazione. I primi tre, da sinistra verso destra, sono: Horace Farquhar; Albert Grey; Alfred Beit. I tre al centro: Alexander William George Duff, Duca di Fife; Il ben noto Cecil Rhodes; James Hamilton, Secondo duca di Abercorn. Gli ultimi: Lord Gifford, V.C.; Herbert Canning; George Cawston.


L’altra popolazione presente dal XVII secolo sul territorio sudafricano erano i Boeri, discendenti dai coloni olandesi, i cui territori si erano ridotti all’OranjeVrystaat e alla Zuid-Afrikaansche Republiek del Transvaal, ossia due repubbliche indipendenti con un grande appeal per Rhodes, ovvero le miniere d’oro di Johannesburg nel Transvaal. Nel 1895 Rhodes, quindi, finanziato e sostenuto dalla City londinese dei Rothschild, organizzò un raid di milizie della BSAC contro il Transvaal (Prima guerra Boera) contando che gli immigrati britannici presenti in quello stato si ribellassero e rovesciassero il governo boero del primo ministro Paul Kruger (foto seguente). L’operazione fu un insuccesso totale, gli assalitori furono catturati e incarcerati a Pretoria e Rhodes dovette dare le dimissioni da primo ministro della Colonia del Capo. Come governatore della Colonia del Capo la “sua” politica fu mirata allo sgombero delle popolazioni africane dalla loro terra ed allo stesso tempo all’elevazione dei requisiti di censo per gli elettori in modo da escluderli dal voto.
L’instaurazione poi della famosa “Hut Tax”, una tassa simile al focatico medievale e che poteva essere riscossa anche tramite prestazioni in natura, forzava il lavoro obbligatorio gratuito della popolazione africana, la quale veniva sfruttata senza remore. Il raid, pur fallendo, fu uno degli eventi che fece alzare la tensione fra la Gran Bretagna ed i Boeri fino a giungere quattro anni dopo alla Seconda Guerra Boera al termine della quale la De Beers di Cecil Rhodes acquisì anche le miniere di diamanti di Pretoria recentemente scoperte, mantenendo così il monopolio mondiale sul mercato dei diamanti che ha ancora oggi e che detiene insieme ad altre due società che vedremo più avanti. Nel mentre il controllo del territorio sul quale la BSAC tramite trattati con le tribù indigene e le concessioni ottenute dalla corona britannica, grazie all’abile lavoro svolto fra i Commissioner locali e il Segretariato alle Colonie di Londra, era oramai immenso, pari a oltre un milione di chilometri quadrati. Come abbiamo detto, era controllato militarmente da una milizia privata, che però fu affiancata durante le ribellioni degli indigeni del 1896 anche da truppe regolari britanniche.

In tutto questo, un ruolo fondamentale era ricoperto da un altro personaggio che abbiamo menzionato all’inizio, ossia Lord Alfred Milner. Come entra in gioco questo losco figuro? In che modo ha agito al fianco di Cecil Rhodes? Egli fu nominato per sostituire Lord Rosmead (Hercules Robinson – foto seguente) come Alto Commissario per il Sud Africa e Governatore della Colonia del Capo quando quest’ultimo si dimise nel 1897. Milner fu nominato da Joseph Chamberlain, all’epoca Segretario coloniale nel gabinetto inglese. Come si è detto, la Colonia del Capo e il Sud Africa stavano affrontando le conseguenze del primo Raid. Milner arrivò al Capo nel maggio 1897 e si impegnò immediatamente con il presidente del Transvaal, Paul Kruger, per affrontare una crisi riguardante lo status degli Uitlander, per lo più inglesi stranieri che arrivarono nella repubblica dopo la scoperta dell’oro nel 1886.
Questa annata è molto importante, poiché venne fondata la Lega del Sud Africa, una vera e propria copertura, perché i Rothschild potessero mobilitarsi a favore della concessione del diritto di voto agli uitlander o stranieri. Per proteggere la loro posizione sociale, i Boeri erano disposti a concedere questo diritto solo dopo 14 anni di residenza nel paese. Il 30 maggio del 1899, durante una conferenza tenutasi a Bloemfontein, la capitale dello Stato Libero dell’Orange, il presidente Paul Kruger si offrì di ridurre il periodo di residenza a sette anni. L’alto commissario britannico, il nostro “caro amico” Sir Alfred Milner rimase indifferente di fronte all’offerta e continuò per la sua strada. Quindi, o la riforma o la guerra.

L’impero britannico nutriva il desiderio (o forse dovremmo dire il potere che sta dietro le quinte) di portare l’Africa “dal Capo al Cairo”, sotto il suo dominio. I boeri del Transvaal (foto seguente), che, in più, a causa della scoperta dell’oro stavano diventando una forza potente nella regione, minacciarono di eclissare il potere della Colonia del Capo, la base dell’Impero nel sud del continente. Milner stava anche rispondendo alle rivalità interimperiali, la Gran Bretagna infatti era minacciata dall’emergere della Germania, che aveva relazioni amichevoli con i boeri.
Determinato a perseguire i suoi obiettivi, Milner attuò una politica di anglicizzazione al Capo, declassando lo status dell’olandese e dell’afrikaans, anche se lui stesso padroneggiava queste lingue. Milner quindi, decise di utilizzare il problema dello status degli Uitlander nel Transvaal per portare quest’ultimo sotto il suo controllo. Nel novembre del 1898, Milner si recò in Inghilterra e informò il governo britannico dello stato di avanzamento in Sud Africa. Egli incontrò Lord Chamberlain il 22 novembre e sostenne che doveva essere progettata una crisi, dal momento che Kruger non ne voleva sapere di gettare la spugna. Il 28 marzo Milner inoltrò alla regina una seconda petizione per gli Uitlander, con 21.684 firme. La petizione chiedeva l’intervento imperiale nel Transvaal a causa delle condizioni “quasi intollerabili” in cui soffrivano i sudditi britannici: mancanza di diritti politici o di voce nel governo, cattiva amministrazione, furto di denaro pubblico, una forza di polizia che non proteggeva cittadini britannici. Insomma, tutte menzogne atte a creare il deterrente per scatenare una guerra e raggiungere così gli scopi prefissati.

Il 9 maggio Jan Hofmeyr propose a Milner di tenere nuovi colloqui con Kruger a Bloemfontein e ciò avvenne il 31 maggio del 1899, ma Kruger rifiutò ogni condizione imposta di Milner, poiché sapeva quali fossero i reali scopi del suo interlocutore: il dominio. Gli inglesi spostarono un grande contingente di truppe sul confine Natal-Transvaal. I boeri chiesero che le truppe venissero ritirate entro 48 ore, cioè entro l’11 ottobre. Questi attraversarono il confine, invadendo il Natal il 12 ottobre 1899. La seconda guerra boera era iniziata e qui arriviamo a dove ci eravamo lasciati con Cecil Rhodes, il quale morì il 26 marzo del 1902, due mesi prima della fine della guerra. Il testimone, se così vogliamo chiamarlo, venne passato a Milner, il quale, il 31 maggio del 1902 firmò il Trattato di Vereeniging con i leader boeri, ponendo fine alla guerra. Un trattato di pace fittizio, poiché esso fu possibile solo grazie alla resa incondizionata dei boeri. Stephen Mitford Goodson, nel suo saggio menzionato prima intitolato “Storia delle banche centrali e dell’asservimento del genere umano” così descrive l’accaduto:
“La pace fu sottoscritta a Vereeniging il 31 maggio del 1902. La guerra era stata una totale catastrofe per i Boeri Contravvenendo alla Convenzione dell’Aja del 29 luglio 1899, che vincolava la Gran Bretagna a osservare le ‘regole’ per una guerra che si dica ‘civile’, venne introdotta per la prima volta una politica da terra bruciata. Le fattorie dei Boeri furono rase al suolo, i loro pozzi avvelenati, il bestiame trucidato e le donne violentate. Venticinque città e venti villaggi, chiese comprese, furono rasi al suolo. 155.000 tra donne e bambini furono raggruppati in 46 campi di concentramento e sistemati in tende. Durante l’inverno, in alcuni di quei campi le temperature scendevano ben al di sotto dello zero. In 34.000, 1’81% dei quali aveva meno di 16 anni, morirono a causa di denutrizione, condizioni igieniche malsane e assideramento. Anche i britannici riportarono numerose perdite, con 21.942 vittime (il 35% delle quali in battaglia e il 65% a causa di malattie) e 22.829 feriti. I banchieri ebbero la soddisfazione di ottenere il pieno controllo sull’oro e altre risorse minerarie del Sud Africa, di aver finanziato la guerra con 222 milioni di sterline e di aver quindi incrementato il debito nazionale britannico di altri 83 132 milioni. Per Nathan, Alfred e Leopold Rothschild la guerra anglo-boera si rivelò un successo totale.”
Il 21 giugno del 1902, tre settimane dopo la firma del Trattato di Vereeniging, Milner prestò giuramento come governatore del Transvaal nel vecchio Raadzaal a Pretoria e due giorni dopo a Bloemfontein, fu insediato come governatore della colonia del fiume Orange. Da quel momento in poi, il Sud Africa iniziò a prendere la forma che ha tutt’oggi, non a caso il suo attuale presidente, ovvero Cyril Ramaphosa (foto1 e 2, link al portale del World Economic Forum: https://www.weforum.org/people/cyril-m-ramaphosa ), è un membro del WEF, compreso il fratello di sua moglie, Tshepo Motsepe, ovvero Patrice Motsepe. Foto 3, link al WEF: https://www.weforum.org/people/patrice-motsepe
Costui, come specifica la sua biografia riportata e la stessa JP Morgan sui suoi documenti (foto 4 – evidenziato in rosso) è anche Membro del Consiglio internazionale della JP Morgan, la banca dei Rockefeller.



Ora, mi piacerebbe proseguire con la storia del Sud Africa, ma non posso dilungarmi ancora, vi invito però ad approfondire l’argomento attraverso la bibliografia esposta alla fine, la quale ripercorre anche le vicissitudini di tutto il secolo scorso di questo paese che, come abbiamo detto, portano dritti allo stato attuale delle cose.
Dunque, per dare un’idea di quale sia la situazione attuale oggi non soltanto sul piano “politico”, ma come vero e proprio prodotto diretto di quanto esposto anche su tutti gli altri fronti, iniziamo subito con il sottolineare che la De Beers, il gruppo menzionato in precedenza fondato appunto da Cecil Rhodes, è controllata dai Rothschild e forma un tutt’uno con altre società minori ad essa collegata che operano in Angola, Mozambico, Sierra Leone e Liberia. Per essere precisi, ancora negli anni ’60, nel Consiglio di amministrazione della società era presente un membro della famiglia di Solly Joel, il londinese dell’East End con cui il nostro “amico” Cecil Rhodes si era avventurato nei diamanti insieme ad Alfred Beit.
Il consolidamento delle miniere De Beers, Kimberley e Griqualand West dell’Africa sudoccidentale di cui abbiamo parlato in precedenza, era lo scopo originario della corporation. Da allora si è aggiunto un numero considerevole di interessi alleati e anche diversi. Infatti, oltre alle miniere in Sud Africa e negli altri paesi nominati poc’anzi, la De Beers gestisce lavori a cielo aperto in tutta l’Africa, ed ha persino una partecipazione del 50% nella miniera di diamanti di Williamson (o miniera di Mwadui) a nord-est di Shinyanga, in Tanzania (foto).

C’è però un fatto alquanto singolare, ossia che la più grande società di diamanti del mondo, appunto la Dee Beers, ha una partecipazione del 50% nel capitale azionario di African Explosives & Chemical Industries Ltd. (foto 1), un gruppo chimico sudafricano quotato al JSE Securities Exchange. Ad un esame più attento però, non sembra poi così strano. La società ritenne opportuno e vantaggioso fin dalla fine degli anni ’50 di disporre di un proprio canale per l’acquisto di esplosivi utilizzati per l’apertura di aree di lavoro nelle proprie miniere e in quelle delle consociate. Quello era l’obiettivo originale, ma una volta entrati nel business degli esplosivi, la strada per la loro fabbricazione e la relativa espansione in una seria produzione di prodotti chimici, fu breve. Le sue ramificazioni, così come i processi di produzione ne fanno uno dei monopoli più potenti del mondo. Negli anni ‘80 ha raggiunto la fase di cartellizzazione con altre importanti organizzazioni chimiche e di armamenti, per non parlare del fatto che all’interno del suo azionariato troviamo niente meno che Vanguard Group (Foto 2, potete vedere l’azionariato della compagnia. Il link: https://www.marketscreener.com/quote/stock/AECI -LTD-1413348/company/
In rosso sono evidenziati solo tre gruppi angloamericani per dare un’idea, ma se fate una ricerca sulle altre che vedete nella foto e nel link… insomma, non fatevi ingannare dalla bandierina sudafricana a fianco).


I suoi accordi di cartello con la principale azienda di prodotti chimici e materie plastiche del mondo, la E.I. du Pont de Nemours Company (foto 1) la legano alla moderna industria delle attrezzature militari. African Explosives & Chemical Industries Ltd è di fondamentale importanza per i progetti militari del Sud Africa e più in generale in tutta l’Africa, dal momento che le banche di appoggio di queste società, sono le stesse che da sempre fomentano e sovvenzionano guerre, rivoluzioni, violenze, rivalità di confine ecc, per non parlare delle banche centrali; basti pensare che la Banca centrale del Sud Africa è governata dalla Banca per i Regolamenti Internazionali (BIS, foto 2 e 3) (Rothschild) ed è quella che indebita il sud Africa attraverso l’emissione monetaria: USURA. Il link al collegamento della Banca centrale del Sud Africa alla BIS lo trovate qui:
https://www.bis.org/country/za.htm
Troverete inoltre l’ultimo discorso pronunciato dal governatore della banca centrale del Sud Africa Lesetja Kganyago il 31 luglio scorso. Lesetja Kganyago è membro del World Economic Forum (foto 4 e 5).





Strada in salita per gli africani, in discesa per gli usurai
Le grandi potenze coloniali riuscirono quindi a monopolizzare il commercio estero e la produzione di materie prime agricole e industriali nei rispettivi territori soggetti. Le colonie di una nazione meno industrializzata come ad esempio il Portogallo, invece, il quale è sempre stato una pedina della Gran Bretagna ed è diventato una colonia della finanza del Miglio Quadro londinese Rothschildiano, erano dominate dal capitale britannico, insieme ai gruppi bancari internazionali con cui è associato. Il dominio finanziario belga nel Congo è sempre stato capitanato dal ramo francese della famiglia Rothschild ossia Lazard Frères, a cui si agganciano terze parti come la Schroders Asset Management, a loro volta legate ai gruppi Morgan e Rockefeller. Tutti questi costituivano e costituiscono tutt’oggi insieme ad altri, quello che è il World Financial Board, cioè il vertice bancario, finanziario e assicurativo mondiale. In sostanza, gli usurai.
Petrolio
Il controllo dei combustibili fossili è una motivazione primaria nella frenetica competizione tra monopoli. I più grandi giacimenti di carbone dell’Africa sono monopolio della famiglia Rockefeller, tant’è vero che la loro supremazia petrolifera venne fortemente contestata dai gruppi Morgan, i quali estesero la loro influenza irrompendo nelle holding anglo-olandesi con il beneplacito dei Rothschild, Lazard Frères, Deutsche Bank e i loro associati. Un piccolo screzio di poco conto, dal momento che i Morgan ed i Rockefeller, con il passare degli anni divennero praticamente una cosa sola, ovvero la JP Morgan Chase (frutto della fusione avvenuta nel 1996 fra Chase Manhattan Bank con JP Morgan & Co., Bank One, Bear Stearns e Washington Mutual). Come evidenziato da Jonathan Frimpong-Ansah e Peter Svedberg in un saggio del 1991 intitolato “Trade and development in Sub-Saharan Africa: “La frenetica battaglia per il monopolio del petrolio è stata un fattore cardine nella repressione dei movimenti popolari nelle aree coloniali e semicoloniali del nostro continente.” Lo stesso vale per il Vicino, Medio ed Estremo Oriente, l’America Latina e specialmente il Nord Africa. La serie di eventi in Iran, Iraq, Kuwait, Aden, Arabia Saudita, Cuba, Venezuela, Brasile e Algeria, sfociati in violenza, sono stati largamente stimolati dalla corsa per il controllo del petrolio. Non è un caso che chi finanzia le guerre siano gli stessi che depredano le risorse; non basta fare profitti con il petrolio, ci vuole il debito, no? Se vuoi le armi le devi comprare e se non hai soldi devi fare dei prestiti con le banche perché tu possa avere le armi. Accade in ogni guerra. Attenzione, non sono gli Stati Uniti o altri, poiché essi sono pedine, ma i potentati che governano gli stati da dietro le quinte, appunto gli usurai che muovono tutto. Il risultato di tutte queste macchinazioni celate da una narrazione di facciata che pompa sulle più becere scuse che vanno dalle missioni di pace al falso bipolarismo, vede sempre i soliti noti al primo posto sul podio. Ciò è riscontrabile gettando uno sguardo agli azionariati di alcune delle più grandi società petrolifere dell’Arabia Saudita, propagandate oggi come forze oppositrici al dominio occidentale, quando invece sono controllate sempre dagli stessi ai vertici del sistema bancario e finanziario mondiale, i quali non hanno né patria né bandiera se non le loro. Di seguito gli azionariati di alcune delle più grandi compagnie petrolifere Saudite e fatevi un’idea.
Saudi Arabian Oil Co (Definita Integrata perchè controllata dal governo, quando in realtà abbiamo visto cosa significa davvero nell’articolo dedicato ai BRICS come nel caso della Sinopec cinese); Advanced Petrochemical Co; Almarai Co. Ltd; Rabigh Refininng & Petrochemical Co (in cui troviamo la Sumitomo di cui parleremo più avanti);




Si potrebbe continuare per ore perchè per molte altre vale la stessa cosa, ma tanto per dare un’idea, qualcuno è interessato a sapere di chi siano le più grandi banche saudite? Senza menzionarle tutte, per fare qualche esempio: Al Rajhi Bank; Saudi National Bank; The Saudi British Bank (sì, avete letto bene).



Se poi vi state domandando di chi sia la Banca Centrale dell’Arabia Saudita, cioè quella che emette il Riyāl saudita prestandolo allo stato saudita stesso pretendendo in cambio il pagamento dell’interesse (USURA, la stessa cosa come Euro, Dollaro, Rublo, Yuan ecc, ovunque nel mondo) si fa presto, poichè basta guardare alla Banca per i Regolamenti Internazionali. Sempre lei.

Tutto questo per sottolineare che cosa? In tempi non sospetti si è parlato molto del petrolio e l’Africa, del fatto che Russia e Cina stanno investendo tantissimo e tante altre belle storielle. Ebbene, è falso, poiché le società multinazionali del petrolio russe e cinesi, come abbiamo visto nell’articolo sui BRICS in cui sono presenti gli azionariati delle rispettive compagnie, sono tutte in mano a questi potentati.
Per cui, chi sta investendo realmente in Africa? Appunto, tutto cambia affinché nulla cambi. I banchieri hanno deciso di triplicare gli investimenti in Africa, sotto le mentite spoglie di un risveglio africano guidato da Cina e Russia che in realtà non c’è, le quali sono esse stesse colonie dei banchieri come abbiamo visto nell’articolo citato poc’anzi. Jim O’Neill, colui che nel 2001 ha concepito i BRICS sui precetti stabiliti negli anni ’50 dal World Financial Board, quando era presidente di Goldman Sachs Asset Management, membro del World Economic Forum e del RIIA, in un’intervista rilasciata l’anno scorso ad una Radio londinese, disse che:
“I numerosi consorzi che si stanno costituendo in questo momento in diverse aree dell’Africa nascono intorno agli stessi gruppi finanziari e industriali che si sono saldamente radicati fin dall’inizio del dominio coloniale.”
Ergo, l’influenza dominante è detenuta dalle onnipresenti famiglie dei Rothschild, Morgan e Rockefeller, Warburg e altri, seguite dai loro associati britannici, europei e americani. Quello che sta accadendo in Africa, quindi, riflette appieno il carattere globale che il monopolio finanziario degli usurai hanno raggiunto dopo secoli di dominio di cui ora ne stando spostando l’ago della bilancia da occidente a oriente.
Anche nuove fonti di materie prime estrattive e agricole stanno attirando ingenti investimenti di capitale. L’ex dipendenza dalle fonti interne di molti minerali nei paesi metropolitani sta dando luogo alla loro importazione dall’estero. Di questo ne parlava già Kwame Nkrumah nel 1965 nel saggio intitolato “Neocolonialism” che così si esprimeva:
“I minatori nelle regioni produttrici di rame e minerale di ferro degli Stati Uniti, ad esempio, vengono licenziati non solo a causa dell’automazione, ma anche perché si ottengono maggiori profitti dall’estrazione notevolmente intensificata di materiali di base in Africa e Asia. In molti luoghi, la loro lavorazione offre anche margini maggiori di quelli che si possono ottenere nelle zone di manodopera più costosa. Porto Rico e altri paesi dell’America Latina che offrono manodopera a basso costo stanno rapidamente diventando centri di beni di consumo fabbricati, spesso lavorati da materie prime importate e inviati negli Stati Uniti e in Europa per competere con i prodotti di loro produzione a prezzi ridotti. Questo apporta ancora maggiori profitti nelle casse dei banchieri.”
Storie bancarie africane
Tra la fine degli anni ’50 e gli anni ’60 del secolo scorso si riscontrano movimenti bancari di portata mastodontica in Africa ed è proprio in questo periodo che i banchieri consolidano ancor più ferocemente il loro potere sul continente arrivando a definire l’architettura, se così vogliamo chiamarla, dell’Africa odierna e di quella di domani. Vorrei partire da quanto venne reso noto da Richard Fry, storico e ricercatore britannico, il quale, nel suo “Bankers in West Africa The Story of the Bank of British West Africa Limited” riporta un articolo del Financial Times datato 18 dicembre 1962 nel quale si sottolineava che:
“Prendiamo il punto della partecipazione di Morgan Grenfell alla nuova banca francese. Morgan Grenfell & Co. funge di fatto da estremità londinese dell’importante casa bancaria di JP Morgan & Co. che, nel 1956, possedeva già un terzo della società britannica. Non dovrebbe quindi sorprenderci apprendere che la nuova banca ‘continentale’ a cui partecipa Morgan Grenfell si chiama Morgan et Cie; in particolare, poiché il 70% del capitale di 10 milioni di nuovi franchi è detenuto dalla Morgan Guaranty International Finance Corporation e il 15% da Morgan Grenfell. E il restante 15%? Questa è divisa tra due banche olandesi – Hope & Co. di Amsterdam e R. Mees & Zoonen di Rotterdam – entrambe strettamente associate al gruppo Morgan da molti anni. Come è stato possibile? Attraverso l’acquisto di azioni della Bankiercompagnie, società che ha consolidato le attività delle due banche olandesi, che tuttavia continuano a operare con il proprio nome. Questa forma detta ‘Uno a due’ è la formula accettata con cui l’alta finanza inganna il mondo sul loro operato.”
Tutto ciò è molto interessante se si considera che all’epoca, il presidente di Morgan et Cie era Pierre Meynial, cioè il vicepresidente di Morgan Guaranty Trust a Parigi, il cui fratello, Raymond Meynial, era a sua volta amministratore di Banque Worms. Il vicepresidente di Morgan et Cie era il Rt. Onorevole Viscount Harcourt, KCMG, OBE, il quale era amministratore delegato di Morgan Grenfell e presidente di quattro importanti compagnie assicurative britanniche: British Commonwealth, Gresham Fire & Accident (oggi, dopo varie fusioni si trova dentro la Aviva plc di Londra, l’azionariato è in mano a Blackrock e Vanguard ed altre conosciate ed ha una presenza fortissima in Cina), Gresham Life Assurance e Legal & General (definita società dormiente.
Link:
https://suite.endole.co.uk/insight/company/00039345gresham–life–assurance–society–limited–the ).
Perché si vuole sottolineare tutto questo? Perché il testo menziona un altro articolo del Financial Times del 26 luglio del 1963, intitolato “Mossa bancaria in Africa”. L’articolo specifica che:
“La rete della Banque Commerciale Africaine in Senegal, Costa d’Avorio, Camerun e Repubblica del Congo è stata presa dalla Société Générale, la seconda banca più grande della Francia. L’accordo comporterà un aumento sostanziale del volume dei depositi detenuti da Société Générale”.
Se si tiene conto, come sottolineato altre volte che ai vertici delle banche centrali e private, delle multinazionali ecc ci sono sempre gli stessi, ci si rende conto di quanto già allora il potere di questi gruppi fosse già ben radicato allora nel territorio africano.
La Société Générale fu fondata sotto Napoleone III nel 1864. Uno dei principali partecipanti fu Adolphe Schneider, un membro dell’impero siderurgico di Schneider, che nello stesso periodo fu anche uno dei reggenti della Banque de France. Sia la Banque de France che la Société Générale vennero nazionalizzate tra il 1964 e il 1965, il tutto orchestrato dal ramo francese della famiglia Rothschild, Lazard Frères. Questo significa che il governo francese aveva un interesse diretto nella rete della Banque Commerciale Africaine rilevata da Société Générale, e lo ha tutt’ora. Ma chi governa la Francia? La banca centrale francese (allora, oggi è la BCE, filiale della Federal Reserve, che governa i paesi europei). E Chi controlla la BCE? La banca per i regolamenti Internazionali. Se uniamo i puntini, facciamo presto a vedere il fil Rouge da allora sino ad oggi. Sankara non parlava a caso, ecco perchè erroneamente si parla di potere francese in Africa, ma è un paravento.

Attenzione, la nazionalizzazione non ostacola la più stretta associazione con le più potenti istituzioni bancarie private del mondo, come dimostrano i fatti e i dati riportati qui e negli altri articoli del blog. Allora come oggi, c’è poco di africano in Africa, ma c’è tutto dell’organismo che a quel tempo era (ed è tutt’ora) principalmente interessato al continente, ossia la Bankers International Corporation di Londra (oggi denominata Worshipful Company of International Bankers), una filiale della Bankers Trust Company (acquisita da Deutsche Bank nel 1999, la quale poi nel 2003 vendette la divisione Trust and Custody a… indovinate… il noto colosso State Street Corporation, i cui proprietari sono sempre gli stessi), che condivideva con Morgan Guaranty Trust l’attività commerciale di JP Morgan & Co.
Le altre erano Société Générale e altri anonimi istituti finanziari europei. Tutti questi erano e sono a tutt’oggi dietro le più grandi corporation energetiche, industriali e via discorrendo, americane, inglesi, russe e cinesi che operano congiuntamente in Africa. Alcune hanno mantenuto il loro nome, altre sono state sciolte per lasciare spazio alle loro armi di distruzione di massa di nuova generazione che si chiamano BlackRock, Vanguard, State Street (appunto), Shroeder Investment Management, Fil Investment advisors, Charles Schwab Investment Management, Geode Capital Management, GQG Partners LLC, Carnagie Fonder AB, Invesco LTD e molte altre.
Questa combinazione di banche, multinazionali e fondi di investimento, solo che negli ultimi sessant’anni ha esteso la formazione di altrettante banche proprio in quei territori in cui Société Générale acquisì gli interessi di Banque Commerciale Africaine, ovvero la Costa d’Avorio, Senegal, Camerun, Congo e via via tutti gli altri. Come? A metà degli anni ‘50, come ci rende noto George Edward Griffin nel suo monumentale “The secret of Jekyll Island”, il Consiglio della Federal Reserve diede il proprio benestare all’espansione dei Morgan, così come i governi dei Paesi africani interessati. Il vicepresidente senior e capo del dipartimento bancario internazionale del Bankers Trust, GT Davies, poi, annunciò che tutte queste manovre servivano ad aumentare e fortificare la portata dei trust bancari e delle società operanti in Africa. Il fatto che, ad esempio, nel corso degli anni, i consorzi dello zucchero occidentali abbiano ottenuto oltre il 50% delle azioni ordinarie e quindi la maggioranza dei voti nel monopolio dello zucchero sudafricano della Tongaat Hulett (quotata alla borsa valori di Johannesburg, con un reddito medio netto annuo di 2.145 miliardi e 31230 dipendenti al suo servizio, ne è l’ennesimo esempio, per ampliare il discorso anche ad altri settori. Dietro la combinazione di società di zucchero che ha guadagnato l’ascesa nel monopolio di Hulett sono visibili le mani di due importanti società di emissione e sottoscrizione di azioni sudafricane: Philip Hill Higginson & Co. (oggi denominata Hill Samuel, consociata controllata dell’unità Offshore Private Banking del Lloyd’s Banking Group) e Union Acceptances Ltd.
Harold Charles Drayton (Presidente di Midland Bank Ltd – assorbita dalla HSBC nel 1992 che attenzione, qualcuno dice sia cinese, ma non è così perchè è stata fondata a Hong Kong nel 1865 da Thomas Sutherland, banchiere scozzese agente dei Rothschild e la sede della banca si trova nella HSBC Tower nei Docklands di Londra e il suo azionariato parla chiaro, lo potete vedere nella foto seguente, per non parlare del fatto che essa opera sotto il controllo della Banca d’Inghilterra), quando tutto questo accadde, era la personalità dominante nella catena di società finanziarie e di investimento Philip Hill Clifford Chance, con sede a Londra (braccio armato dei Rothschild). Il già menzionato Kwame Nkrumah, nell’opera citata, scriveva che: “Harry F. Oppenheimer (agente Rothschild – Rockefeller) del Sud Africa era presidente di Union Acceptances. Tra gli incarichi aziendali di Drayton vi erano quelli di presidente di European & General Corporation, Second Consolidated Trust, e direttore di Midland Bank e Midland Bank Executor & Trustee Co., Eagle Star Insurance Co., Standard Bank, Consolidated Gold Fields of South Africa e Ashanti Goldfield Corporation. Il signor Oppenheimer, tra i suoi oltre settanta incarichi aziendali, include quelli di presidente di African Explosives & Chemical Industries, Anglo American Corporation of South Africa, De Beers Consolidated Mines e First Union Investment Trust. È amministratore di African & European Investment Co., Barclays Bank DCO, British South African Co. e Central Mining & Investment Corporation. Il vicepresidente della Anglo American Corporation è Sir K. Acutt, che è anche direttore della British South Africa Co. e della Standard Bank. Co-direttore con il vicepresidente della Anglo American Corporation per la British South Africa Co. è Robert Annan, che siede accanto a Drayton nel consiglio di Consolidated Goldfields. Il signor Annan ha anche la particolarità di essere un direttore straordinario della Scottish Amicable Life Assurance Society.”

Il quadro diventa ancora più preoccupante nel passo successivo: “La Standard Bank of South Africa riappare tra i direttori di Lord Malvern, che comprendeva la Scottish Rhodesia Finance e la Merchant Bank of Central Africa. Trattasi di organismi creati ad arte dal gruppo bancario Rothschild, nel quale si trova Banque Lambert, una delle più importanti banche belga, i cui interessi sono concentrati in maniera capillare in tutta l’Africa. La banca ha anche una partecipazione in un’altra dei Rothschild, la Five Arrows Securities Co., una società di investimenti che opera in Canada gestita dalla famiglia Rockefeller. Il signor Paul V. Emrys-Evans, vicepresidente della British South Africa Co., è ora presidente della gigantesca Anglo American Corporation di Oppenheimer e anche di quello della Barclays Bank DCO. Un posto alla Rio Tinto Zinc Corporation porta il signor Emrys-Evans nella compagnia di Lord Baillieu, suo vicepresidente. Diverse delle principali banche e compagnie assicurative britanniche e alcuni dei loro associati europei partecipano alla Standard Bank. Il suo presidente, Sir Frank Cyril Hawker, rappresentava la Banca d’Inghilterra, e il suo vicepresidente, Sir FW Leith-Ross, rappresenta la National Provincial Bank. Le associazioni bancarie di
WA Acton sono già state delineate sopra. HC Drayton porta gli interessi dei propri gruppi finanziari, così come quelli della Midland Bank e della Eagle Star Insurance. Sir EL Hall Patch, un direttore della Standard Bank of South Africa che si è dimesso all’assemblea generale annuale del luglio 1963, è direttore della Commercial Union Assurance Co. Sir GS Harvie-Watt è un associato di HC Drayton su Eagle Star Insurance e Midland Banca.”
È fondamentale sottolineare ancora una volta che le banche sono dentro tutte le società multinazionali dell’energia, del settore agroalimentare, industriale, tecnologico e via via tutti gli altri, per questo analizzare le dinamiche bancarie e dell’alta finanza serve per comprendere poi come si muovono, come operano le multinazionali e tutto il resto. Come si evidenziava in precedenza, si tratta di un unico organismo e l’Africa è un quadro che mette in mostra forse meglio di tutti questo scempio.
Materie prime
Da tempo immemore, compagnie americane, britanniche ed europee controllate dalle più potenti istituzioni bancarie e finanziarie del mondo, con il consenso dei governi africani, sfruttano nuove fonti di prodotti primari. Sappiamo che l’Africa non è mai riuscita a fare molti progressi sulla strada di uno sviluppo industriale mirato perché le sue risorse naturali non sono state impiegate a tale scopo, ma sono state utilizzate per il maggiore sviluppo al di fuori dei suoi confini. Questo, come si è detto, è stato un processo continuo il cui impulso è notevolmente accelerato negli ultimi anni, specie grazie allo spostamento sempre più imponente di capitali da parte dei grandi banchieri internazionali in queste aree e in seguito all’invenzione e all’introduzione di nuovi processi e tecniche che hanno accelerato la produzione delle industrie dei metalli ferrosi e non ferrosi dell’Europa, dell’America e della Gran Bretagna per tenere il passo con la sempre crescente domanda di prodotti finiti. I preparativi militari e l’espansione nucleare hanno avuto un notevole impatto su questa domanda.
La produzione mondiale di acciaio grezzo, solo che dagli anni ’60 ad oggi è quintuplicata. In quanto proveniente da fonti occidentali, non tiene conto dell’espansione dell’uso africano di prodotti primari e prevede una continuazione dell’attuale flusso tra paesi di origine in via di sviluppo e utenti altamente industrializzati. Né tiene conto della probabilità di una tendenza repressiva nelle economie occidentali che può certamente incidere sulla domanda di materie prime (costa che sta accadendo). Non è un caso che le notizie che si trovano inerenti agli investimenti delle società cinesi e russe in Africa siano del tutto raffazzonate, fatte di congetture e non di prove concrete e questo accade perché nessuno va ad approfondire chi sono e di chi sono queste compagnie che continuano ad investire.
Come è stato già evidenziato, basta vederne gli azionariati, molti di essi li trovate nell’ultimo articolo sui BRICS qui sul blog. Non sono i governi cinesi o russi che stanno investendo in Africa, bensì le corporations private già presenti come abbiamo visto, ma anche ammesso e non concesso che fossero davvero i paesi, da chi arriverebbe quel denaro? Dal prelievo fiscale, ma non solo, anche da chi lo emette. E chi è che lo emette (prestandolo agli stati pretendendo in cambio il pagamento di un interesse addebitato sulle spalle dei cittadini producendo debito pubblico)? La rispettiva banca centrale di riferimento.
E da chi sono governate le banche centrali? La banca per i Regolamenti Internazionali, si torna sempre sempre lì. Perdonate la ripetizione, ma noto che pochi hanno compreso tali meccanismi, per cui è necessario ripeterlo. Attenzione, se così fosse, come si è detto, chi pagherebbe l’interesse sul debito contratto per avere denaro da investire in quei paesi? Il popolo. Come? Appunto, attraverso il prelievo fiscale, distruggendone l’economia. Metteteci qualche sanzione (fittizia) di mezzo e cosa ne viene fuori? Lo scenario attuale. In sostanza, è una ruota che gira su sé stessa e che porta benefici sempre e solo a coloro che la fanno girare e non ai paesi, qualsiasi essi siano.
I principali paesi importatori di materie prime dall’Africa sono gli Stati Uniti, l’Europa e il Giappone. Naturalmente, non occorre sottolineare che tanto l’Africa, quanto il Sud America, forniscono manodopera a basso costo e assistenza governativa locale attraverso l’esenzione dai dazi per macchinari e attrezzature importati, nonché sgravi fiscali. La Costa d’Avorio già nel 1960 produceva diamanti a un livello annuo di circa 200.000 carati, da allora la produzione è triplicata, le operazioni iniziarono nei campi di manganese nel quartiere di Grand Lahou. Il fosfato di calcio viene sfruttato in Senegal e l’alluminio e la sabbia ossidata forniscono molte attività minerarie. Stando ai dati delle Nazioni Unite, le estrazioni di ferro da parte delle società anglo americane sono tra le più intensive, specie in Mauritania, dove ad oggi se ne producono ben oltre dieci milioni di tonnellate all’anno. I depositi sono stimati a circa 115 milioni di tonnellate di ferro al 63%.
I ricchissimi giacimenti di fosfati in Senegal hanno portato nel paese una combinazione finanziaria e mineraria franco-belga sotto l’ombrello della City di Londra, per intensificarne il loro sfruttamento. Circa 50 milioni di tonnellate di fosfati grezzi consentono una produzione di circa 20 milioni di tonnellate di fosfati ricchi attraverso l’estrazione di 700.000 tonnellate di concentrati all’anno. Sono numeri che ovviamente non vanno a beneficio del popolo africano, ma ai soliti noti.
All’inizio degli anni ’60, in Togo vennero scoperti diversi giacimenti di fosfati, i quali vennero monopolizzati (e lo stesso vale tutt’ora) dalla Banque Nationale de Paris et des Pays-Bas (oggi BNP Paribas) e da società minerarie consolidate che hanno collegamenti con la Société Générale de Belgique (oggi denominata Engie), prima su tutte la Rio Tinto, la più grande società di estrazioni minerarie del mondo di proprietà della famiglia Rothschild (di cui abbiamo parlato nell’articolo intitolato “La Russia, Vladimir Putin e gli Insiders di Wall Street). I giacimenti di manganese, uranio e minerali di ferro in Gabon furono presi d’assalto dalla stessa Rio Tinto e dalla Anglo American, alle quali poi negli anni recenti si è aggiunta Glencore (anche di questa abbiamo parlato nell’articolo citato poc’anzi).
Il Camerun produce meno rispetto ai paesi menzionati a livello di estrazione mineraria oltre a piccole quantità di oro, stagno e rutilo. In Madagascar, dal 1971 è iniziato lo sfruttamento dei giacimenti di uranio, monazite, zircone, cromo e altri minerali, il cui monopolio è in mano alla già menzionata Rio Tinto, BHP Group e la solita De Beers, senza contare che queste corporations si sono specializzate nell’estrazione della Mica nei territori del Madagascar.
La Bethlehem Steel Corporation è una sfera di investimento fortissima per i profitti della famiglia Rockefeller, la quale, fin dagli anni ’50 ha spinto per spostare gli interessi petroliferi britannico-olandesi in Africa e in Estremo Oriente. Il potenziamento degli stabilimenti petroliferi in Giappone, Indonesia, Nuova Guinea, India e Africa inerenti alla produzione, raffinazione e vendita di petrolio sono stati di proporzione inimmaginabile. Di particolare attenzione è l’interesse dei Rockefeller per il Giappone, poiché crea un fil rouge che si ricongiunge all’Africa. Questo genere di attenzione, se così vogliamo chiamarla, si riflette nel legame con il gruppo metallurgico Sumitomo Metal Mining Co., Ltd, cementato nella Highland Valley Copper mine (la più grande miniera di rame a cielo aperto del Canada). Già nel 1964 le ben note famiglie menzionate detenevano riserve minerarie di 3.304.000 tonnellate di rame di grado 1,20% e 12.723.000 tonnellate di rame di grado 0,82%.
La produzione totale poi, andrà alla Sumitomo, responsabile della messa in produzione della proprietà. Acquistando 400.000 azioni di Bethlehem e avendo ulteriori opzioni su altri lotti in relazione a promesse di prestito di milioni di dollari e un accordo siglato nel 1964 e tutt’ora valido per contribuire con la metà dei fondi necessari per l’espansione, la quale è arrivata sino ai giacimenti minerari di Nimba. Le prime consegne dalla miniera di Nimba furono effettuate nel maggio del 1963 e la produzione già nel 1965 era di 7.500.000 tonnellate; oggi si attesta all’incirca a una ventina di milioni di tonnellate. Oggi, le strisce di minerale di ferro della Liberia si estendono fino alla Guinea, grazie ad una lunga prospezione avvenuta nel 1963 nella regione di Nimba-Simandou (Foto), a circa mille chilometri da Conakry, vicino al confine tra Liberia e Costa d’Avorio, monopolio delle società menzionate prima.

La bauxite nell’Africa occidentale ed equatoriale è ancora più abbondante del ferro, e grazie all’arrivo della General Electric americana agli inizi degli anni ’70, le grandi corporations del settore vi hanno potuto iniziare lo sfruttamento tutt’ora in corso. La Compagnie Senegalaise des Phosphates de Taiba (filiale del gruppo spagnolo Tolsa) in questi anni si è ritagliata un posto di rilievo tra le corporations occidentali operanti nel continente africano, questo anche grazie al fatto che, già a metà degli anni ’50, trovò il governo del Senegal associato al Bureau de Recherches Geologiques et Minières, Pechiney (acquisita nel 2003 da Alcan, la quale è stata inglobata nel 2007 dalla Rio Tinto dei Rothschild), Compagnie des Phosphates de Constantine e la Compagnie des Phosphates d’Oceanie, società con le quali iniziò a cooperare fin dai suoi albori (l’ultima non esiste più).
Lo stesso gruppo, guidato dalla Banque Nationale de Paris e dagli interessi francesi che essa rappresenta (o forse dovremmo dire dagli interessi del ramo francese dei Rothschild che rappresenta, ci riferiamo ai Lazard Frères), ha stipulato un accordo nel febbraio 1963 tutt’ora valido, sotto la firma del direttore generale della banca, JJ Reyre, con la International Minerals & Chemicals Corporation (nota come IMC Global, la quale si è fusa con la divisione di nutrizione delle colture di Cargill, Inc. per formare la The Mosaic Company), che da parte di quest’ultimo è diventato partner del consorzio che a tutt’oggi sfrutta la più grande miniera di fosfato di alta qualità del mondo, vicino a Dakar.
Degna di nota è la questione dei fertilizzanti. Infatti, agli africani non mancherebbero le possibilità di mercato se questi fossero messi a disposizione dei paesi in via di sviluppo a prezzi che il loro potere d’acquisto potrebbe permettersi. Come riportato da Daniel Estulin nel suo libro intitolato “Transevolution”, fin dall’inizio della Rivoluzione Verde iniziata agli albori degli anni ’60, attraverso la monopolizzazione del mercato agroalimentare mondiale da parte della famiglia Rockefeller grazie alle sue industrie chimiche e petrolchimiche (e non solo), la produzione di fertilizzanti è diventata un loro monopolio. Avere il controllo dei fertilizzanti è servito e serve tutt’ora a controllare l’approvvigionamento dei mercati delle materie prime, in modo da sostenere i prezzi che porteranno maggiori profitti sui grandi investimenti coinvolti. Il trasporto è un fattore importante nel costo dei fertilizzanti, ed è facile rendersi conto che se i fosfati dall’Africa vengono portati in Europa o altrove per la lavorazione e poi restituiti sotto forma di fertilizzante in Africa, imballati in sacchi, i prezzi non possono essere economici per il settore agricolo africano.
A questo proposito è interessante notare che la Fison plc (acquisita nel 1995 dalla RhonePoulenc Rorer, Inc la quale poi si è fusa con Hoechst AG per formare la Aventis e divenuta poi nel 2004 la ben nota Sanofi Aventis), negli anni ’50, ha stabilito in India, in associazione con la principale azienda siderurgica Tata, una società produttrice di fertilizzanti ad oggi fortissima chiamata Tata-Fison Ltd. La Fison ha costituito aziende di fertilizzanti e prodotti chimici in Sud Africa e nel 1961 ammise nella sua affiliata sudafricana Fisons (Pty) Ltd., un’impresa bancaria locale, ovvero la Federale Volksbeleggings Beperk, la quale mise a disposizione fondi sufficienti per consentire alla Fison di intraprendere lo sfruttamento dei depositi di fosfato a Phalaborwa nel Transvaal. Fison aveva altre società in Sud Africa che si occupavano di prodotti chimici, farmaceutici e agricoli come la sua filiale in Sudan Fisons Pest Control (Sudan) Ltd. Malesia e Nigeria poi, sono paesi in cui Fison ha stabilito le società più grosse per l’espansione dei propri mercati di fertilizzanti e prodotti chimici per l’agricoltura. Impianti per la produzione di fertilizzanti sono stati costruiti a Zandvoorde in collaborazione con Union Chimique Belge (colosso dal reddito operativo medio annuo da 1,109 miliardi di euro).
Oltre alla produzione di fertilizzanti e relativi prodotti chimici, orticoltura e produzione di apparecchiature scientifiche, Fison era nel ramo della trasformazione alimentare e conserviera che una volta portava il nome di John Brown Ltd. (oggi, dopo diverse cessioni, si chiama CB&I UK Limited), la quale, ha venduto fin dagli inizi degli anni ’50 know-how e impianti chimici Russia.
La verità dietro la fame
La “Food and Agricolture Organization” fu fondata a Québec nel 1945, ma già nel 1943 Roosevelt aveva indetto a Hot Springs, in Virginia, la “Conferenza Internazionale sull’Alimentazione e l’agricoltura”. La “Costitution” della FAO recita al punto primo dell’art. 1:
“L’organizzazione raccoglie, analizza, interpreta e diffonde informazioni relative alla nutrizione, al cibo e all’agricoltura. In questa Costituzione, il termine ‘agricoltura’ e i suoi derivati includono la pesca, i prodotti marini, la silvicoltura e i prodotti della silvicoltura”.
Ma la “Costitution” non prevede, tra gli obiettivi istituzionali, soluzioni pratiche, e non solo accademiche, di un problema non secondario in relazione al cibo, cioè la sua mancanza. Unico a farsi carico del problema fu il primo direttore della FAO, in carica dal 45 al 48, Lord John Boyd Orr (foto), che nel 1946 presentò l’unica proposta possibile, per chi non avesse capito che genere di pax massonica si stesse profilando per il mondo. Body propose la creazione di un Consiglio mondiale dell’alimentazione, di una riserva alimentare in caso di emergenze e di un Fondo per finanziare il flusso delle eccedenze della produzione alimentare verso i paesi che più ne avessero bisogno, ma ovviamente essa venne puntualmente respinta. Da allora a nulla sono valsi gli sforzi di alcuni uomini (non la maggioranza) della FAO di fronte alla fame reale e non solo “statistica” dei paesi poveri. Una proposta simile a quella di Lord Body, infatti, fu nuovamente avanzata dalla FAO in tempi più recenti, ma venne respinta anche quella.

La veste istituzionale dell’organizzazione favorisce un silenzio complice, di fronte alla devastazione delle economie del Sud operate dal Sistema: le pianificazioni teoriche hanno sempre la priorità sulle risoluzioni pratiche, a breve raggio. La stessa struttura delle FAO, suddivisa in otto settori, è eloquente a riguardo:
- Dipartimento delle politiche economiche e sociali.
- Dipartimento dell’Agricoltura;
- Dipartimento della pesca;
- Dipartimento delle foreste;
- Dipartimento dello sviluppo;
- Rappresentanti regionali e Direttori;
- Dipartimento dell’amministrazione e delle finanze;
- Dipartimento degli affari generali e dell’informazione;
A questo punto è impossibile non prendere in esame quanto documentato da Mario di Giovanni nel suo saggio intitolato “Indagine sul mondialismo, il diavolo probabilmente”. Egli, a tal proposito, così si esprime:
“La FAO ha patrocinato programmi di aiuto alle popolazioni affamate, già nel 1960 con la prima ‘Campagna contro la fame nel mondo’, subito dopo, nel 1963, con la creazione del Programma Alimentare Mondiale (PAM), in collaborazione con le Nazioni Unite. Ma, da allora, i morti per fame nel Sud del mondo sono progressivamente aumentati.”
Nel XX anniversario della prima “Campagna mondiale”, il bollettino della FAO così recitava:
“Sul terreno pratico, i risultati di questo intenso dibattito internazionale sono stati inferiori all’attesa. Troppo spesso, infatti, gli appelli alla solidarietà umana, le enunciazioni di principio ed i provvedimenti votati nei vari convegni sono rimasti lettera morta.”
Nello stesso anno, il 1980, come riporta Di Giovanni, il delegato della FAO per l’Asia così si esprimeva: “Viviamo con una realtà tremenda davanti agli occhi. Centinaia di milioni di uomini, donne, bambini, anziani, sono privi di tutto: cibo, istruzione, abitazione, cure sanitarie, persino l’acqua potabile…”
Quanta onestà! Peccato che i vertici della FAO hanno coperto con un manto “politico”, con i lunghi tempi della politica, un problema soltanto tecnico, che imponeva i tempi brevi della tecnica. L’approccio politico, scientifico, sociologico, statistico è rimasto immutato dalla fondazione, benché gli esiti delle “campagne contro la fame” lungo l’arco di decenni, indicassero con sufficiente chiarezza che il problema non era il “management”. Ancora nel 1995, la FAO ha creato un nuovo organismo, il “Sustainable Development Department” (Dipartimento per lo sviluppo Sostenibile, rinominato poi semplicemente Sustainable Development Goals – Foto). Qui vi si legge che:
“Il ciclo dell’insufficienza alimentare e della povertà sarà spezzato solo quando tutte le popolazioni rurali stabiliranno di produrre un reddito per procurarsi cibo o per produrre le risorse necessarie ai loro bisogni. Sono necessarie macro strategie economiche per attivare il settore agricolo. Ma ugualmente importante è una forte capacità dei poveri a partecipare allo sviluppo socioeconomico.”

La FAO, quindi allude ad una certa passività delle popolazioni interessate. Ma le cose stanno davvero in questi termini? Citiamo ancora Di Giovanni: “Non si comprende allora a quali condizioni – vista la denunciata, o sottintesa, condizione di ‘passività’ – il Sud del mondo abbia saputo raggiungere, in un recente passato, l’autosufficienza alimentare, fino al punto di esportare derrate. È la stessa FAO a dichiararlo in un suo documento ufficiale (La situazione alimentare mondiale e l’agricoltura, edizione annuale della FAO, 1976). Il documento precisa che Asia, Africa e America Latina, prima della guerra, erano autosufficienti sotto il profilo alimentare, fino al punto di esportare 12 milioni di tonnellate di cereali. Il fatto è che, prima della guerra, i paesi poveri producevano per i propri bisogni, e solo successivamente per l’esportazione. Dopo essere stati convocati a Bretton Woods però, sono diventati area da saccheggio. Lo stesso documento della FAO informa che, già nel 1950 (cioè dopo Bretton Woods), Asia, Africa e America Latina non erano più autosufficienti: in quell’anno importarono 5 milioni di tonnellate di cereali; nel 1960 10 milioni; nel 1970 38 milioni; nel 1978, 66 milioni. Dal rapporto del 1981 del Fondo Monetario Internazionale: ‘Nel corso degli ultimi dieci anni il volume dell’aiuto alimentare in cereali è diminuito, di fatto, a poco più di tre milioni di tonnellate, mentre le importazioni di cerali da parte dei paesi in via di sviluppo sono più che raddoppiate, superando i 100 milioni di tonnellate.’ Il Nord, in realtà, non sembra però disprezzare del tutto le capacità lavorative dei paesi poveri.”
Il disegno non è diabolico, di più, specie se si pensa che lo Zimbabwe e il Kenya, in piena carestia, nel 1984, esportarono verso il Nord produzioni agricole di qualità. Lo Zimbabwe, tabacco, grani di soia e cotone. Il Kenya, destinati all’Europa, fragole e asparagi. Contestualmente i due paesi importavano dal Nord, per le popolazioni affamate, cibo di base (granturco): lo Zimbabwe 26.000 tonnellate e il Kenya 39.000 tonnellate. Di Giovanni in questo frangente ci informa che:
“La disattenzione della FAO di fronte a questi eventi non sorprende, per poco che si noti l’attenzione che essa rivolge verso altri interlocutori. La terza rete nazionale, in fascia di ascolto notturna (Report, 14 luglio 2000) ha mandato in onda una pregevole inchiesta televisiva dalla quale emergeva, tra il resto, l’impegno degli ‘scienziati’ FAO, impegnati nel bocciare il veto che l’Europa aveva posto alle carni bovine USA, che i produttori nordamericani avevano imbottito di ormoni (Somatropina bovina), per la gioia dei consumatori globalizzati. Secondo gli ‘scienziati’ FAO (dei quali l’inchiesta ha reso noti i nomi, mostrando altresì come quei nomi, sempre gli stessi, ricorressero in altre imprese di questo genere) il provvedimento restrittivo non era giustificato, e in tal modo hanno permesso al WTO, altro socio delle multinazionali, di sanzionare l’Unione Europea, che non si era adeguata alla logica della globalizzazione degli ormoni.”
Quindi, prima ancora del “Non ti vaccini, ti ammali, muori” c’era il “Non ti avveleni, non ti adegui, ti sanziono”. Oggi le società multinazionali influenzano in modo determinante la FAO, la quale ha accettato di buon grado di lasciare loro una parte essenziale delle sue attività. Sempre di Giovanni prosegue:
“Dunque, si definisce aiuto alimentare bilaterale quello di una nazione ricca a vantaggio di un singolo paese, mentre l’aiuto multilaterale è quello esteso alla generalità dei paesi poveri, organizzato dalle agenzie internazionali. Gli aiuti iniziarono nei primi anni 50, nella forma bilaterale. La Convenzione internazionale sull’aiuto alimentare (1967) stabiliva che: ‘L’aiuto alimentare deve essere concesso dietro prelievo degli stock di eccedenza.’ La FAO ha sempre accettato il principio di un aiuto così concepito. Da allora le procedure prevedono che l’entità e i modi dell’aiuto siano stabiliti da un Comitato formato da funzionari della FAO, del paese donatore, del beneficiario e da osservatori di paesi terzi. Vedremo più avanti il perché di tanta folla. La FAO, in collaborazione con l’ONU, creò la prima agenzia internazionale di aiuto “multilaterale” nel 1961: il World Food Program. Erano incluse nell’aiuto:
- Donazioni da parte di governi;
- Donazioni da parte di agenzie internazionali;
- Donazioni di organizzazioni non governative (ONG);
- Vendite e prestiti di alimenti con termini di pagamento non inferiori ai tre anni.
Nel 1962 le Nazioni Unite crearono il Programma Alimentare Mondiale (PAM), che controlla la Riserva Alimentare d’Urgenza (IEFR nella sigla inglese). Nel 1974 fu creato il Consiglio Mondiale dell’Alimentazione (CMA) con sede a Parigi, nel 1978 fu creato il ‘Fondo per l’assistenza allo sviluppo agricolo’, nel 1986 la ‘Food Aid Convention.’ La CEE si occupa del problema con uffici competenti presso il Parla- mento Europeo.”
Benissimo, anche tutti pensiamo che siano tutte iniziative di grande rilievo. Ma che cosa hanno risolto? Come abbiano fatto e come facciano a tutt’oggi a non combinare niente si evince dalla storia degli aiuti alimentari dal secondo dopoguerra in poi. E la storia mostra che l’aiuto bilaterale ha tutelato soprattutto gli interessi del paese donatore: l’Interesse politico e di sicurezza (controllo di aree); Interessi commerciali governativi (apertura di dialoghi per il commercio estero); Interessi di investimento da parte di soggetti economici privati dei paesi donatori. Di Giovanni a tal proposito comprova che: “L’aiuto bilaterale entra per la prima volta in un quadro istituzionale nel 1954, negli Stati Uniti, quando il Congresso formulò la legge (Public Law n. 480) nota come ‘Alimenti per la pace’. Più nota in Italia come ‘Piano Marshall’. In quegli anni, negli USA, vi erano stati raccolti record, e dal 1952 al 54 gli stock di grano si erano più che triplicati.”
E infatti, il senatore americano George Stanley McGovern (foto), nel 1964 così si espresse: “I grandi mercati del futuro sono proprio quelle zone in cui grandi masse di uomini stanno imparando a consumare, grazie a ‘Alimenti per la pace’, i nostri prodotti agricoli. Coloro che oggi assistiamo diventeranno domani i nostri migliori clienti’.” La stessa Public Law si era espressa in egual modo:
“Il Congresso stabilisce che è obiettivo degli Stati Uniti espandere il commercio internazionale, sviluppare ed espandere i mercati di esportazione di prodotti agricoli americani.”
Attenzione, questo non vale solo per gli USA. La cura di interessi economici e strategici è stata ampiamente registrata nell’operato di Francia, Giappone, Gran Bretagna e altri; infatti, non è un caso che da sempre, la logica mercantile sta alla base degli aiuti. Il bollettino del Fondo Monetario Internazionale del 16 novembre 1981 così si esprimeva:
“La maggior parte dei programmi di aiuto alimentare è stata istituita secondo i bisogni, caso per caso, in epoche in cui gli approvvigionamenti in cerali erano abbondanti. Uno dei principali obiettivi di questi programmi era, d’altronde, la distribuzione ordinata delle costose eccedenze che si erano accumulate.”

Il Centro Francese per il Commercio Estero (CFCE): “Sembra che l’aiuto alimentare possa costituire per i paesi donatori una sorta di investimento nei paesi beneficiari, in particolare sul piano commerciale, ma anche in altri campi. Si tratta tuttavia di un investimento a lungo termine che esige, almeno per il medio periodo, una certa continuità e regolarità degli aiuti accordati ai paesi considerati ‘strategici’, seguendo l’esempio della politica condotta dagli Stati Uniti. Accade sovente di facilitare lo smaltimento di eccedenze agricole, cerealicole o lattiere. Questa soluzione si dimostra, sul piano economico e politico, più redditizia delle alternative consistenti nello stoccaggio dei surplus in condizioni molto costose, nella distribuzione delle eccedenze o nella limitazione delle produzioni.”
Che cosa si evince da tutto ciò? Che i surplus produttivi rispondono a loro volta alle leggi di mercato. Infatti, già nel 1986 la FAO dichiarò che le sole eccedenze della Comunità Economica Europea avrebbero potuto coprire il fabbisogno di 21 tra i paesi africani più colpiti dalla siccità dell’anno precedente. Eppure, il fabbisogno non fu coperto: la movimentazione degli esuberi della produzione agricola attiva interessi enormi sui quali vige il silenzio di tutti, dall’ONU alla FAO. In sostanza, detta in parole semplici, gli speculatori praticano il dumping quando immettono all’improvviso sul mercato grandi quantità di cereali, facendo crollare i prezzi. Lo stoccaggio crea invece una penuria artificiale e fa salire i prezzi. Gli speculatori, quindi, bloccano nei loro depositi grandi quantità di prodotti alimentari. I prezzi delle materie prime agricole obbediscono unicamente al principio della massimizzazione dei profitti. I Wall Stretters (i grandi finanzieri internazionali) se ne fregano altamente di sapere se, ad esempio, il governo del Ciad, quello senegalese o altri, tutti impegnati in una guerra senza quartiere contro la carestia nei loro rispettivi paesi, siano in grado o meo di pagare prezzi esorbitanti.
Perché? Semplice. Chi è che emette moneta (denaro) nei paesi africani? Le banche centrali. E di chi sono le banche centrali? Torniamo sempre allo stesso punto. Da chi sono governate le banche centrali dell’Africa? Abbiamo fatto l’esempio prima con la banca centrale del Sud Africa, ma vogliamo farne un altro ancora più importante.
BCEAO – Banca Centrale degli Stati dell’Africa Occidentale
Il governatore è Jean Claude Kassi Brou (Foto 1 -2 – 3), membro del World Economic Forum. I paesi membri sono quelli che vedete nella foto a fianco. E chi è che governa la banche centrali di questi paesi e la stessa BCEAO compresa?
La Banca per i Regolamenti Internazionali (Rothschild – Foto successive) torniamo sempre lì. Link:
- https://www.bis.org/country/ne.htm
- https://www.bceao.int/en/content/instrumentsmonetary–policy–implementation
- https://www.weforum.org/people/kassi-jeanclaude-brou











Lo stesso vale per la Nigeria, il Marocco, l’Algeria e via via tutti glia altri paesi, potremmo andare avanti con il resto dell’Africa (e del mondo), ma finirebbe con il diventare un poema.
Tornando a noi: “In Africa non sono mai mancate le derrate alimentari, ma il denaro con le quali acquistarle.”
Così scriveva nel 1935 Gertrude Margareth Coogan nel suo monumentale “Money Creators”, uno dei saggi migliori mai scritti sul tema monetario, come poi abbiamo visto confermato anche dallo stesso Di Giovanni, ma ce ne sarebbero molti altri in grado di comprovare tale verità. Quindi, il volume dei raccolti è una cosa, mentre il prezzo d’acquisto degli alimenti che gli speculatori impongono agli acquirenti delle Nazioni Unite, al PAM, alle organizzazioni umanitarie o ad esempio ai governi dei paesi colpiti dalla carestia, è un’altra. Potremmo continuare per ore anche su questo tema, ma riteniamo quanto esposto più che esaustivo, specie se si pensa che la condizione, attraverso la facciata di un falso cambiamento, è destinata a peggiorare. Come abbiamo detto e comprovato a più riprese, il cosiddetto Nuovo Ordine Mondiale fatto e finito non è mai stato concepito in ottica occidentale, ma dall’altra parte.
L’Africa sta per vivere un momento di buio che non ha mai visto prima, poiché attraverso una propaganda che la innalza a forza emergente, la ricchezza prodotta dal suo territorio sempre dalle stesse forze che adesso spostano le loro pedine del “blocco orientale” per raggiungere i loro obiettivi, non sarà destinata alla popolazione, ma come sempre è accaduto, ai soliti noti, gli Usurai ai vertici delle banche centrali e private. E non ultimo, il fatto che questo continente martoriato da secoli, si appresta a vivere un ulteriore step per quanto riguarda il depopolamento, senza precedenti.
Lo scorso 3 agosto, il ministro della Sanità russo Mikhail Murashko ha dichiarato di voler assicurarsi che ogni africano sia vaccinato al massimo promettendo “nuovi vaccini” per l’Africa (foto1 e 2). Evidenziamo la questione perchè il lettore la possa tenere bene a mente:
“L’uso di nuovi vaccini è una delle tante “aree promettenti di cooperazione”, ha spiegato il ministro della sanità russo ai partecipanti alla conferenza del Forum economico e umanitario russo-africano, tenutosi a San Pietroburgo alla fine di luglio: “Un’altra area promettente è la consegna del vaccino. Questo è il già provato vaccino contro la febbre gialla, il vaccino contro l’Ebola, che è stato prodotto dal nostro centro Gamaleya.”


“Si precisa che tale vaccino è stato appena testato e nemmeno lontanamente provato. Ma il ministro della sanità russo si è spinto oltre: “Gamaleya ha anche sviluppato il vaccino Sputnik. Lo stesso Sputnik è stato fornito a più di 70 paesi e, secondo le risposte dei ministeri della salute, si è rivelato il vaccino più efficace, proteggendo dalla morte e dalla diffusione dell’infezione.”
Ora, sicuramente saprete che i risultati della sperimentazione clinica dello Sputnik sono stati dichiarati “segreto commerciale” quindi nascosti, e sicuramente saprete che chi ha creato questo schifo è lo stesso che ha creato gli altri. E soprattutto saprete ormai la realtà che si nasconde dietro ai vaccini e anche ai virus… ma se qualcuno avesse dubbi, consigliamo di leggere l’articolo qui sul blog intitolato “La falsa scienza e Stefan Lanka, un gigante contro il sistema medico – scientifico mondiale”.
Per saperne di più sulla questione vaccinale in Africa appena menzionata, consigliamo di leggere l’articolo da cui abbiamo estratto il contenuto appena esposto:
https://uncutnews.ch/moskau–wird–afrika–mitweiteren–unbewiesenen–impfstoffen–versorgendie–niemand–will–oder–benoetigt/
Annotazioni indispensabili
Che cosa sta accadendo realmente in Africa? Niente di buono, semplicemente, come abbiamo evidenziato, c’è una narrazione di facciata che nasconde altre verità. Si sente parlare del Niger e di un possibile colpo di stato, ma i più si dimenticano che questi, come le rivoluzioni e le guerre, si programmano e si finanziano. Si parla di accordi inerenti cooperazioni tecnico militari che, se non saranno rispettati, vedranno i potentati “francesi” o chi per essi cacciati dai territori.
Peccato che la storia, quella vera e non occultata, insegna che a comandare non è mai stato il potere politico, ma il potere dei soldi. Alla luce di quanto esposto, credere che queste storie di facciata siano vere è ridicolo, ci sono accordi tra società, banche, multinazionali e via discorrendo del valore di miliardi in cui sono coinvolti gli stessi governanti locali, per non parlare del potere delle banche centrali che sono la vetta della piramide. Sono loro che governano i paesi del mondo, sono state create a posta e conoscere nel profondo il loro funzionamento senza farsi prendere in giro dalla disinformazione che circola in ogni dove, permette di capire come le cose stiano veramente.
Ci aspettiamo sul serio che in base a qualche “golpe” e magari dopo delle “elezioni” arrivi qualcuno che possa cambiare rotta? E quale sarebbe la ragione? L’amore per il proprio popolo? Se così fosse costoro verrebbero uccisi. Da chi? Dai soliti noti, come è nella loro prassi.
Abbiamo evidenziato che lo spostamento dell’ago della bilancia da Occidente a Oriente era nei piani a lungo termine congeniati da tempo immemore. Gli articoli del blog sono strutturati in modo da legarsi l’uno all’altro, e ricostruiscono una mappa ben precisa. Consci del fatto che dietro Russia, Cina ecc vi sono le stesse e solite forze, alla luce dei fatti, stiamo vivendo un passato che abbiamo già visto.
Prima di concludere occorre evidenziare che ci sono stati in Africa degli uomini che realmente hanno rappresentato una vera e propria forza di contrapposizione contro il potere dei grandi usurai. Sono due.
Muʿammar Gheddafi

Nel 1969 Gheddafi assunse il controllo della maggior parte delle attività economiche del paese, ivi compresa la banca centrale della Libia, la quale veniva gestita come una normale banca di Stato. La banca fungeva da banchiere dei banchieri locali, ma ai banchieri stranieri non era permesso operare. Stephen Mitford Goodson, nell’opera citata in precedenza “Storia delle banche centrali e dell’asservimento del genere umano” scrive che:
“Il finanziamento delle infrastrutture governative non attraeva interessi, quindi la Libia non aveva debiti né a livello nazionale né internazionale. Le sue riserve di valuta estera superavano i 54 miliardi di dollari, paragonabili alle riserve di paesi sviluppati come il Regno Unito e il Canada i quali, a loro volta, nel 2010 vantavano riserve per, rispettivamente, 50 e 40 miliardi di dollari. Nel primo decennio del XXI secolo la crescita del PIL si attestò al 4,32% annuo, mentre i dati ufficiali per l’inflazione davano un -0,27%. Le testate giornalistiche mainstream descrivevano il colonnello Gheddafi’ come un terribile dittatore e un mostro assetato di sangue, ma la realtà è che, eccezion fatta per la città di Bengasi e i suoi dintorni, aveva il consenso del 90% del suo popolo. I seguenti benefici apportati da Gheddafi chiariranno il perché di tanta popolarità:
- L’istruzione era gratuita;
- Gli studenti ricevevano un salario medio in base alle materie di studio scelte;
- Gli studenti che studiavano all’estero ricevevano un alloggio, un’automobile e 2.500 euro l’anno;
- L’energia elettrica era gratuita;
- L’assistenza sanitaria era gratuita;
- Gli alloggi erano gratuiti (non esistevano mutui);
- I novelli sposi ricevevano in dono dal governo una somma pari a 60.000 dinari (50.000 dollari);
- Le automobili venivano vendute a costo di fabbrica senza interessi;
- I prestiti ai privati venivano concessi senza interessi;
- Ogni pagnotta di pane costava 15 centesimi di dollaro;
- Il gasolio costava 12 centesimi di dollaro al litro;
- Una parte degli introiti provenienti dalla vendita del petrolio veniva versata direttamente nei conti bancari dei cittadini;
- Gli agricoltori ricevevano terra, sementi e animali a titolo gratuito;
Il ‘regime delle masse’ di Gheddafi (Giamabiria) fece in modo che la ricchezza del paese venisse distribuita equamente tra i suoi 5,79 milioni di abitanti. Mendicanti, vagabondi e senzatetto non esistevano e l’aspettativa media di vita era di 75 anni, la più alta del continente africano, superiore del 10% rispetto alla media mondiale. L’indice di alfabetizzazione era dell’82%. In quanto a diritti umani, la Libia occupava il 61° posto nell’Indice internazionale di carcerazione: più basso il numero, più basso il posizionamento nella lista. Il primo posto è attualmente occupato dagli Stati Uniti.”
Aggiungo che un altro grande risultato di Gheddafi è stata la trasformazione della Falda acquifera di arenaria nubica nel Grande Fiume Artificiale, che ogni giorno approvvigionava Tripoli, Sirte e Bengasi con 6.500.000 m³ di acqua dolce. L’acqua ottenuta per estrazione era dieci volte più economica dell’acqua ottenuta per desalinizzazione. Il costo totale del progetto, stimato in 25 miliardi di dollari, fu interamente finanziato senza ricorrere a prestiti esteri. Nel 2010, poi, Gheddafi annunciò la creazione del Dinaro d’oro come valuta sostitutiva, da utilizzarsi per il regolamento di tutte le transazioni estere in una regione designata che contava più di 200 milioni di persone. All’epoca la Libia possedeva 144 tonnellate. L’intenzione non era quella di tornare a un vero e proprio sistema monetario aureo, bensì di creare una nuova unità di conto, per cui le esportazioni di petrolio e altre risorse sarebbero state pagate in dinari d’oro. Con questo gesto Gheddafi oltrepassò il limite, pagando con la vita le sue scelte.
Poniamoci queste domande: Chi attualmente in Africa sta gridando a gran voce perché soluzioni come queste vengano intraprese senza compromessi? Chi in Africa, in questo momento, sta lottando per una tale giustizia sociale? Chi sta perseguendo obiettivi come quelli sopra descritti? La risposta è NESSUNO. Perché se lo facessero farebbero la fine di Gheddafi.
Thomas Sankara



Senza inoltrarci in quelle che sono le informazioni biografiche del grande Thomas Sankara, partiamo subito sottolineando che costui, la prima cosa che fece una volta al potere nel 1983 fu disfarsi del nome “Alto Volta”. Prese due parole, una della lingua Moré e una della lingua Dioula, e le mise insieme: Burkina Faso. Tradotto in italiano più o meno è come dire “la terra degli uomini integri”. Questo fu il principio, il seguito è la parte più bella. Cos’è che fece Sankara per il suo popolo?
- Avviò una campagna di alfabetizzazione a livello nazionale, aumentando il tasso di alfabetizzazione dal 13% nel 1983 al 73% nel 1987;
- Fece piantare oltre dieci milioni di alberi per prevenire la desertificazione;
- Diede il via ad una serie di costruzioni di strade e una ferrovia per unire la nazione, senza l’ausilio di aiuti stranieri;
- Aprì la strada alle donne all’interno delle sfere governative e rese effettivo il congedo di gravidanza durante l’istruzione;
- Bandì le mutilazioni genitali femminili, i matrimoni forzati e la poligamia a sostegno dei diritti delle donne (in maniera sana, niente femminismo e altri derivati della Scuola di Francoforte);
- Restituì la terra direttamente ai contadini, (esattamente come fece Pëtr Arkad’evič Stolypin il più grande uomo politico russo prima di essere assassinato e di cui parleremo in un articolo a lui dedicato e a cui Putin non è degno di lucidare nemmeno le scarpe).
Con Sankara, la produzione di grano del Burkina Faso è passata in tre anni da 1700 kg per ettaro a 3800 kg per ettaro. Ma questo non è tutto, c’è ancora una questione da affrontare, la più importante: il debito. Quello che Sankara voleva più di ogni altra cosa era eliminare gli aiuti internazionali dal quale il paese (così come tutta l’Africa) dipendeva, fonti di assistenzialismo e impedimento per uno sviluppo interno. Egli gridò al mondo la verità, ossia che i prestiti finanziari servissero solo a produrre il debito tramite il quale gli usurai ai vertici delle banche centrali e private potevano controllare e indirizzare l’azione governativa in tutta l’Africa, esattamente come continuano e continueranno a fare. Egli aveva predetto ciò che sta accadendo proprio in questo momento, ossia una guerra su larga scala ai popoli della terra e non tra i paesi. Egli lo disse a chiare lettere che gli stati operano tutti sotto la stessa unica regia. Proprio ora, come abbiamo sottolineato altre volte, stiamo vivendo questa guerra che è incentrata sulla popolazione europea, in particolare sul piano economico, al fine di farla cadere e aderire al grande reset, attraverso il suo inserimento nel blocco euroasiatico, epicentro della Sinarchia Universale, conosciuta più comunemente come Nuovo Ordine Mondiale.
Ciò che decretò la condanna a morte di Sankara fu il discorso sul debito del 29 luglio del 1987 pronunciato ad Addis Abeba in occasione del vertice dell’Organizzazione dell’unità africana dove erano presenti i leader di tutti i paesi del continente. Sankara evidenziò come l’eliminazione del debito fosse di vitale importanza per lo sviluppo dell’Africa e che dovesse essere affrontato con una strategia comune a tutti gli stati africani. Corre voce a tal proposito che il Burkina Faso dipendeva (e tutt’ora dipenda) dalla Francia. Corre voce che Parigi era (ed è) di gran lunga il suo principale donatore di aiuti, fornendo circa 60 milioni di dollari ogni anno, i quali costituivano il 40% del bilancio del Burkina Faso già negli anni ’80. E corre voce che il Paese già a quel tempo dovesse alla Francia circa 155 milioni di dollari e che il debito pubblico consumava un quarto delle entrate statali.
Ebbene, l’unica cosa vera di tutte queste voci è l’ultima. I debiti non erano e non sono con la Francia, bensì con la Banca centrale degli Stati dell’Africa Occidentale (BCEAO) di cui abbiamo parlato prima, governata dalla Banca per i Regolamenti Internazionali che abbiamo analizzato prima, il cui governatore, come detto, è membro del WEF. La BCEAO nasce nel 1959 ed è l’unica autorizzata ad emettere moneta (il Franco CFA che nei programmi futuri dovrebbe trasformarsi nella Eco) nei paesi che abbiamo visto prima: Benin, Burkina Faso, Costa d’Avorio, Guinea – Bissau, Mali, Niger, Senegal e Togo. La banca risponde direttamente alla Lazard Frères e alla famiglia Concordia, rami francesi del gruppo Rothschild, ecco perché erroneamente si attribuisce alla Francia un dominio che in realtà di francese ha poco o nulla. Certo questo lo si comprende solo se si conosce la vera storia dei potentati dietro alle colonie prima e del neocolonialismo tutt’ora in atto poi; quindi, chi è che muove i paesi gli uni contro gli altri? Chi è che finanzia guerre, rivoluzioni, colpi di stato e tutte quelle altre cose che conosciamo bene? La risposta è davanti ai nostri occhi.
Conclusioni
In tutta onestà, credo che la realtà parli da sola, non penso che ci sia bisogno né di un mio personale punto di vista né chissà che altro. Si può scegliere di guardarla in faccia, oppure credere alle peggiori sciocchezze che vengono propagandate da una parte e dall’altra. Una cosa però la posso dire, ossia che sono sicuro che in questo momento, Sankara a vedere quel pagliaccio di Ibrahim Traoré, si stia rivoltando nella tomba. Dal Sud Africa al Burkina Faso, passando per il Niger e via via tutti gli altri, attraverso questo fil Rouge, in Africa si sta preparando il territorio per l’atto finale del Grande Reset. Come abbiamo visto l’Africa è stata sfruttata e martoriata, ma ha ancora tantissimo da offrire e lo spostamento dell’ago della bilancia di cui abbiamo parlato in precedenza è la prova che il peggio per questa bellissima e meravigliosa terra deve ancora arrivare.
Vi lascio con tre estratti significativi di quel famoso discorso di Thomas Sankara pronunciato ad Addis Abeba poco prima di essere ucciso da Blaise Compaoré, servo dell’usurocrazia che gli succedette al potere per ben ventisei anni. No, non c’entra la CIA, non c’entra la Francia, queste sono mere storielle di facciata per far sì che le persone guardino il dito e non la luna. La morte di Sankara fu opera degli USURAI.
Estratto 1
«Riteniamo che il debito debba essere visto dalla prospettiva delle sue origini. Le origini del debito vengono dalle origini del colonialismo. Quelli che ci prestano denaro sono quelli che ci hanno colonizzato. Sono gli stessi che gestiscono i nostri stati e le nostre economie. Questi sono i colonizzatori che hanno indebitato l’Africa attraverso i loro fratelli e cugini. Noi non avevamo collegamenti con questo debito. Quindi non possiamo pagarlo. Il debito è il neocolonialismo, in cui i colonizzatori si sono trasformati in “assistenti tecnici”. Dovremmo piuttosto dire “assassini tecnici”. Ci presentano denaro, come se il sostegno di qualcuno potesse creare sviluppo. Ci è stato consigliato di rivolgerci a questi istituti di credito. Ci sono stati offerti dei buoni accordi finanziari. Siamo indebitati per 50, 60 anni e anche di più. Ciò significa che siamo stati costretti a compromettere la nostra gente per oltre 50 anni. Nella sua forma attuale il debito è una riconquista dell’Africa abilmente gestita, intesa a soggiogarne la crescita e lo sviluppo attraverso regole straniere. Così, ognuno di noi diventa lo schiavo finanziario, vale a dire un vero schiavo, di coloro che erano stati abbastanza traditori da immettere denaro nei nostri Paesi con l’obbligo di ripagarlo. Ci viene detto di ripagare, ma non è una questione morale. Non si tratta di questo cosiddetto onore di ripagare o meno. Signor Presidente, abbiamo ascoltato e applaudito il primo ministro norvegese quando ha parlato proprio qui. Lei è europea ma ha detto che l’intero debito non può essere ripagato. Il debito non può essere rimborsato, innanzitutto perché se non lo rimborsiamo, i prestatori non moriranno. Questo è certo. Ma se ripaghiamo, saremo noi a morire. Anche questo è certo. Chi ci ha portato all’indebitamento ha giocato d’azzardo come in un casinò. Finché hanno avuto guadagni, non c’è stato dibattito. No, signor presidente, hanno giocato, hanno perso, questa è la regola del gioco e la vita continua. Non possiamo rimborsare il debito perché non abbiamo i mezzi per farlo. Non possiamo pagare perché non siamo responsabili di questo debito. Non possiamo ripagare ma gli altri ci devono quello che la più grande ricchezza non potrebbe mai ripagare, cioè il debito di sangue. Il nostro sangue è stato sparso.»
Estratto 2
«Non possiamo essere complici. No! Non possiamo andare a braccetto con coloro che succhiano il sangue della nostra gente e vivono del sudore della nostra gente. Non possiamo seguirli nei loro modi omicidi. Signor Presidente, abbiamo sentito parlare di club: il Club di Roma, il Club di Parigi, il club la qualunque. Sentiamo parlare del Gruppo dei Cinque, del Gruppo dei Sette, del Gruppo dei Dieci e forse del Gruppo dei Cento. E che altro? È normale che anche noi abbiamo il nostro club e il nostro gruppo. Facciamo in modo che Addis Abeba diventi ora il centro da cui emergerà un nuovo inizio. Un Club di Addis Abeba. È nostro dovere creare un fronte unito di Addis Abeba contro il debito. Questo è l’unico modo per affermare che il rifiuto di rimborsare non è una mossa aggressiva da parte nostra, ma una mossa fraterna per dire la verità. Inoltre, le masse popolari europee non sono nemiche delle masse popolari africane. Ma coloro che vogliono sfruttare l’Africa sono anche quelli che sfruttano l’Europa. Abbiamo un nemico comune! Quindi il nostro Club di Addis Abeba dovrà spiegare a tutti che quel debito non sarà ripagato!”
Estratto 3
«Vorrei che la nostra conferenza si assumesse l’urgente necessità di dire chiaramente che non possiamo ripagare il debito. Non con spirito bellicoso, ma per impedirci di essere assassinati individualmente. Se il Burkina Faso è il solo a rifiutarsi di pagare, io non sarò più qui per la prossima conferenza! Ma con il sostegno di tutti, di cui ho bisogno, con il sostegno di tutti non dovremmo pagare. In tal modo, dedicheremo le nostre risorse al nostro sviluppo. E vorrei concludere dicendo che ogni volta che un paese africano acquista un’arma, è contro un Paese africano. Non è contro un paese europeo, non è contro un paese asiatico, ma è contro un paese africano. Di conseguenza, dovremmo approfittare della questione del debito per risolvere anche il problema delle armi. Sono un soldato e porto una pistola. Ma signor presidente, vorrei che ci disarmassimo. Quindi miei cari fratelli, con il sostegno di tutti, faremo la pace in casa nostra. Utilizzeremo anche le nostre immense potenzialità per sviluppare l’Africa, perché il nostro suolo e il nostro sottosuolo sono ricchi. Abbiamo abbastanza uomini e un vasto mercato – da nord a sud, da est a ovest. Abbiamo capacità intellettuali sufficienti per creare o per lo meno utilizzare la tecnologia e la scienza ovunque le troviamo. Signor Presidente, formiamo questo fronte unito di Addis Abeba contro il debito. Prendiamo l’impegno di limitare gli armamenti tra i Paesi deboli e poveri. Pistole, mazze e coltelli che compriamo sono inutili. Facciamo anche del mercato africano il mercato degli africani: produciamo in Africa, trasformiamo in Africa, consumiamo in Africa. Produciamo ciò di cui abbiamo bisogno e consumiamo ciò che produciamo invece di importare. Il Burkina Faso è venuto qui mostrando il tessuto di cotone prodotto in Burkina Faso, tessuto in Burkina Faso, seminato in Burkina Faso, per vestire i cittadini del Burkina Faso. La nostra delegazione ed io siamo vestiti dai nostri tessitori e mangiamo i prodotti dei nostri contadini. Non c’è un solo filo proveniente dall’Europa o dall’America o altrove. Non farei una sfilata di moda, ma direi semplicemente che dobbiamo accettare di vivere come africani: questo è l’unico modo per vivere liberi e dignitosi. La ringrazio, signor presidente.”
Thomas Sankara. Addis Abeba, 29 luglio 1987
Fonti
Bibliografia
- Stephen Mitford Goodson – Storia delle banche centrali e dell’asservimento del genere umano;
- Mario di Giovanni – Indagine sul mondialismo, il diavolo probabilmente;
- Daniel Estulin – Transevolution;
- Carrol Quigley – Tragedy and Hope;
- Carrol Quigley – Anglo american establishment;
- Brian Roberts – Cecil Rhodes: Flawed Colossus;
- Robin Brown – The Secret Society;
- Robert. I Rotberg – The Founder – Cecil Rhodes and the pursuit of power;
- Stephen Mitford Goodson – Inside the South African Reserve Bank: Its Origins and Secrets Exposed;
- Jonathan Frimpong Ansah, S.M Ravi Kambur, Peter Svedberg – Trade and Developement in Sub Saharn Africa;
- Kwame Nkrumah – Neocolonialism;
- Richard Fry – Bankers in West Africa The Story of the Bank of British West Africa Limited;
- Joseph R Gibson – How Europe and America Are Still Underdeveloping Africa;
- Boudewijn Mohr – A Destiny in the Making, From Wall Street to Unicef in Africa;
- Darlena Kurant – Political Prisoners, The Brutal Murder Of Muammar Gaddafi: Discover Brutal Murder Of Muammar Gaddafi;
- Alfred Cudjoe – Who Killed Sankara? Some Hidden Facts Behind the Tragic Assassination of Capt. Thomas Sankara as Revealed by the African Press: Comments by an Informed Writer.




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