
Come si era già accennato in un altro articolo, è giunto il momento di approfondire la figura del più grande politico che la Russia abbia mai avuto. La necessità di parlare di Pëtr Arkad’evič Stolypin nasce dal fatto che la storiografia ufficiale si è completamente (e volutamente) dimenticata di questo grande uomo, lasciando spazio ad un’indegna propaganda in favore di assassini, falsi eroi collusi del potere usuraio come Vladimir Il’ič Ul’janov detto Lenin, Lev Trockij, Josif Stalin, Nikita Sergeevič Chruščëv, Michail Sergeevič Gorbačëv o più recentemente, Vladimir Vladimirovič Putin, solo per citarne alcuni.
Le ragioni di tale affermazione risiedono nei fatti, nelle prove, molte delle quali già apportate negli altri articoli precedenti, specie in quello dedicato alla Russia, ma in quello di oggi vedremo perchè Stolypin era considerato la più grande minaccia contro i piani dei banchieri internazionali, i quali miravano a fare della Russia una loro succursale da un lato, e dall’altro, uno stato satellite e allo stesso tempo in “contrapposizione” agli Stati Uniti a partire dalla rivoluzione russa in poi.
Nella bibliografia in fondo all’articolo riporterò diversi saggi che approfondiscono l’importanza che questo grande uomo ha avuto nella storia russa, tuttavia ne utilizzeremo uno che ho ritenuto essere il più completo e approfondito che si intitola “Pëtr Arkad’evič Stolypin – Il ministro dello Zar che fu ucciso per la sua riforma agraria e cambiò il corso della storia” del grande giurista, storico, saggista, ricercatore nonché ex Procuratore Generale della Repubblica ormai scomparso e finito nel dimenticatoio (chissà perchè) Bruno Tarquini.
L’uomo
Pëtr Arkad’evič Stolypin nacque a Dresda, in Sassonia, il 14 aprile del 1862. La sua famiglia godeva di un certo peso all’interno dell’aristocrazia russa; infatti, Stolypin era imparentato da parte di padre (Arkady Dmitrievich Stolypin – foto 1), proprietario terriero discendente da una grande famiglia nobile, generale dell’artiglieria russa e successivamente comandante del Palazzo del Cremlino) con il famoso poeta romantico, drammaturgo e pittore Michail Jur’evič Lermontov (foto 2). La madre, Natalia Mikhailovna Stolypin (nata Gorchakov) era figlia di un ministro degli esteri russo, precisamente Alexander Mikhailovich Gorchakov. Stolypin passò gran parte dell’infanzia in Lituania, a Kolonbergé nei pressi di Kovno. Gli ottocento ettari di terreno su cui sorgeva la casa degli Stolypin era frutto di un eredità di un loro lontano parente, quindi non ci si deve stupire dell’attaccamento alla terra che questo grande uomo portava dentro di sé, non soltanto per il contatto diretto che egli ebbe con essa, ma anche attraverso gli studi effettuati nel corso degli anni e la conoscenza profonda dei problemi che da secoli la affliggevano, nonché delle avversità che tediavano i rispettivi proprietari e coloro che la lavoravano traendone praticamente nulla, cioè i contadini.


Una volta compiuti gli studi ginnasiali a Vil’na, conseguì successivamente una laurea in fisica e in matematica presso l’università di San Pietroburgo. Tali studi comprendevano anche agronomia, chimica, zoologia, geologia e botanica; nel mentre, nel 1885, all’età di ventitré anni, sposò Olga Neidhart, figlia di un alto funzionario della Casa Imperiale e dalla quale ebbe in seguito sei figli. Studiò inoltre diritto ed economia, parlava fluentemente inglese e francese, e terminò gli studi con una tesi sulla valorizzazione del Sud della Russia. Vorremmo portare alla luce un dettaglio che magari per molti potrebbe non essere rilevante, tuttavia riteniamo che, al contrario, sia invece molto importante, in quanto funzionale a dare un piccolo, seppur esaustivo, sguardo, alla persona di Stolypin. Dalle fonti disponibili, risulta che egli era descritto dai propri compagni di università come uno studente dotato di grande umiltà e modestia, il cui carattere di fondo celava però una certa austerità di fondo.
A questo proposito iniziamo a citare il saggio di Bruno Tarquini menzionato prima:
“Stolypin non ebbe praticamente alcuno di quei vizi ai quali i giovani sogliono in genere indulgere, come il bere ed il fumare, ed inoltre detestò sempre il gioco delle carte; ma ciò non gli impedì di amare l’eleganza nel vestire né di provare grande divertimento, d’estate, nel cavalcare i purosangue di suo padre per le vaste praterie delle terre di famiglia. Ed allo studio approfondito delle scienze ed all’accanimento nel proprio lavoro, egli sapeva accompagnare la predilezione per la poesia e la compagnia dei poeti, che riceveva spesso e volentieri nel suo appartamento posto in un distinto quartiere della capitale. Anche quando, nominato ben presto gentiluomo di camera, aveva libero ingresso nella vita di Corte, mai la mondanità riuscì ad accaparrarlo totalmente, giacché il suo tempo era sempre occupato principalmente dai tirocini nei ministeri, nonostante che gli fosse del tutto sgradita la vita burocratica”.

Perchè si è voluto sottolineare questo aspetto?
Non capita spesso di imbattersi in uomini di cotanto prestigio e caratura aristocratica animati da altrettanta modestia e umiltà. Se si getta uno sguardo a quello che è il panorama della famiglia Stolypin nel corso del XIX secolo, si capisce che non solo Pëtr, ma anche altri membri della famiglia erano animati da sentimenti liberali. Nel 1912 venne pubblicata una lettera facente parte di una corposa documentazione sul personaggio tramutatasi poi in una biografia da parte del ricercatore Abraham Ascher, intitolata “The search for stability in tale Imperial Russia” – Stanford University press, Stanford California – 2001, in cui si riporta quanto segue:
«Egli ha attinto in parte dalle sue tradizioni familiari la sua idea più importante, vale a dire trasformare la terra delle Comuni in proprietà personale.»
L’operato della famiglia Stolypin, ancor prima che arrivasse lo stesso Pëtr, ruotò intorno alla lotta per la liberazione della servitù e per la progressiva evoluzione dell’autocrazia verso un modello costituzionale, contrario fin da allora sia ai “grandi rovesciamenti” sia al mantenimento dello status quo costituzionale e sociale. Pëtr Arkad’evič Stolypin era un figlio della terra, come lo avevano ribattezzato i suoi più cari amici, l’amore per la natura e la grande stima e rispetto che egli aveva soprattutto nei confronti dei contadini, da lui stesso definiti come “il motore della vita di un paese”, erano tra le caratteristiche più inusuali da ritrovare, volgarmente parlando, in persone del suo “rango” e tra la classe politicante dell’epoca, per non parlare di quella futura. Caratteristiche che, infatti, nessuno, dalla sua dipartita causata per mano di un assassino assoldato da chi riconobbe in lui una minaccia, avrebbe mai più incarnato.

Gli inizi
Nel 1890 Stolypin divenne maresciallo della nobiltà di Kovno, in Lituania. La carica gli era stata conferita direttamente da San Pietroburgo, questo perché in Lituania, come in pochissime altre regioni dell’Impero, tale investitura non avveniva a livello locale.
A tal proposito, scrive il Tarquini, nel saggio menzionato all’inizio che ricordo funge da guida per questo nostro viaggio, quanto segue:
«Il funzionario inviato dalla capitale era accolto con sospetto in Lituania, dove i grandi proprietari erano polacchi, la minoranza ebraica era presente soltanto nelle professioni liberali e nel commercio e la massa rurale era lituana. Nell’esercizio della carica occorreva perciò fare una costante opera di conciliazione tra le diverse classi della popolazione, che altrimenti avrebbero trovato molti pretesti di contrasto, ciascuna al fine di difendere e di conservare le proprie specificità e la propria identità. Stolypin, a questo riguardo, non lasciò un cattivo ricordo, ma nel ritratto che di lui si cerca di tracciare, non è nell’esercizio di questa opera conciliativa che va ricercato il punto essenziale, perché esso consiste piuttosto nel suo straordinario anticonformismo.»
Questo anticonformismo, come si rispecchia nel fatto che per lui, la cosa più urgente e importante, la sola che avrebbe potuto avere la capacità di arricchire la sua esperienza per poterla poi eventualmente sfruttare in ambiti maggiori e più essenziali per l’intero Paese da un lato, e per costruire degli equilibri sociali funzionali ad un cambiamento che avesse come prospettive la stabilità, il benessere e la giustizia sociale, era quella di dare ascolto alla voce dei contadini.
All’epoca vi erano i MIR, cioè le comunità agrarie russe di origine medievale nelle quali i contadini erano usufruttuari in comune della terra che lavoravano. Sempre Tarquini scrive che:
«Anche se la inadeguatezza della Comune rurale, che secondo Stolypin faceva del coltivatore soltanto un semplice usufruttuario, non era molto sentita nella piccola Lituania (uno dei quarantasette Stati della Russia europea), nondimeno il MIR anche lì conservava le sue principali caratteristiche negative: particelle di terra continuamente ridistribuite, assenza di ogni autonomia della mano d’opera e materiale agricolo spesso fuori uso.»
Stolypin non ci mise molto a rendersi conto di quanto fossero fondate le lamentele dei contadini, desiderosi di avere in piena proprietà un piccolo pezzo di terra, e fermamente contrari alle condizioni offerte dai MIR, secondo cui il contadino lavorava una parte di terra, vi si affezionava, e poi era costretto ad abbandonarla per prestare il proprio lavoro su un altro terreno.
Stolypin era fortemente motivato a cambiare le cose, nonostante le leggi. E anche qui si evince il suo anticonformismo, poiché senza curarsene, laddove le circostanze non fossero state contrarie ai suoi progetti, egli favorì in ogni modo lo scioglimento delle Comunità rurali e sancì la definitiva divisione della terra tra i suoi membri, destinati a divenirne proprietari. Citiamo ancora Tarquini:
«Ecco, dunque, che il distretto di Kovno diventa per lui una specie di laboratorio, dove sperimentare in concreto le proprie teorie, dove effettuare le dovute verifiche e tutte le applicazioni possibili.»
Stolypin rimase per circa dieci anni a Kovno, prima di fare quel passo che lo rese definitivamente una minaccia per i piani di coloro che, al contrario, erano intenzionati a prendere il controllo del paese cambiandolo per sempre e fare del più grande politico che la Russia abbia mai avuto un lontano ricordo. Domandiamoci perché attualmente, in Russia è in corso un’operazione di censura e di cancellazione dal patrimonio storico culturale del paese inerente uomini come lo stesso Stolypin o Solženicyn e non è un caso che Stolypin, nell’arco del suo operato, come testimoniato da Vladimir Soloukhin, celebre ricercatore, scrittore e poeta russo, sia stato vittima di ben undici attentati, prima di quello mortale avvenuto nel 1911. Tra questi, come ci suggerisce Tarquini stesso, degno di essere ricordato è quello gravissimo del 25 agosto 1906 (appena un mese dopo la sua nomina a primo ministro russo): alcuni massimalisti fecero saltare la residenza che Stolypin aveva fuori città, provocando la morte di trentadue persone ed il ferimento di molte altre, tra cui i figli.
Governatore di Grodno e Saratov
Nel 1902, Stolypin venne nominato Governatore di Grodno e nel 1903 di Saratov, già da allora chiamata come “regione rossa” a causa delle sommosse e degli incendi delle residenze nobili portate avanti dal malcontento e da una situazione economica sempre più precaria, causa del gran numero di poveri in costante aumento. Stolypin aveva ormai tracciato il proprio programma riformatore sulla base delle esperienze lituane, sostenuto dalla logica premessa che ogni riforma deve necessariamente partire dal basso prima di attingere l’alto. Egli soleva dire infatti che:
«Se c’è il male, è dalle radici che bisogna combatterlo.»
Questo è esattamente quello che non è mai accaduto dalla sua dipartita in poi e quello che non sta accadendo oggi, dove un teatro fatto di false opposizioni, assorbe il dissenso delle masse per veicolarlo esattamente dove il potere vuole. Stolypin, con il suo operato, dimostrò di aver compreso che guardare al potere non significa parlare di contrapposizioni fra potenze, bensì puntare il dito contro la mano occulta del potere del denaro, il quale, successivamente, plasmò la Russia (così come gli Stati Uniti e via via tutti gli altri) in semplici pedine su una scacchiera. E oggi ne vediamo i risultati: tutto cambia affinché nulla cambi.

Prima di proseguire dobbiamo fermarci un momento per fare il punto sul contesto storico e politico in cui Stolypin va ad incastrarsi in questo frangente.
Nel 1903, iniziarono numerose opposizioni alla guerra che la Russia aveva intrapreso con il Giappone (provocata come sempre dai grandi banchieri internazionali, e funzionale ai loro piani di infiltrazione e successiva conquista della Russia, oltre che al profitto. Mai dimenticare che le guerre si programmano e che la deflagrazione di questa generò ulteriori richieste di prestiti da parte dello Zar Nicola II al miglio quadro londinese che si aggiunsero ai debiti già contratti nel 1870 per finanziare la guerra di Turchia).
Primo tra gli oppositori era Sergej Jul’evič Vitte, (il quale fu ministro delle finanze già sotto Alessandro III) e fu il primo capo del governo dell’Impero russo (dal 6 novembre del 1905 al 5 maggio 1906, anno in cui diede le dimissioni) come poi vedremo tra poco. Per i servizi resi con la firma del trattato di pace di Portsmouth, nel 1905, Nicola II gli conferì la nomina di conte.

Essendo che la guerra russo-giapponese fu catastrofica per la Russia, nel 1905, a seguito della sconfitta militare, le rivolte si fecero ancora più violente. Nicola II chiese allora a Vitte di redigere un memorandum, che fu all’origine del Manifesto del 17 ottobre del 1905 con il quale l’imperatore annunciò l’introduzione delle libertà di culto, parola, riunione e associazione e una larga partecipazione alla nuova Duma di Stato dell’Impero. Sostanzialmente, la Russia diventò una monarchia semi-costituzionale.
Questo manifesto fu il precursore della prima costituzione russa del 1906. Tuttavia, per riagganciarci al discorso iniziale e coadiuvarlo a quanto appena descritto, nel 1904, cioè esattamente un anno prima dei tragici avvenimenti del Palazzo d’Inverno (per non dire tentativo di colpo di stato pianificato dai banchieri internazionali poi fallito) di San Pietroburgo e della grande svolta istituzionale di Vitte appena menzionata, Stolypin, adempiendo un dovere cui si uniformavano tutti i governatori, indirizzò l’annuale rapporto al suo sovrano.

Il testo è la dimostrazione della chiarezza delle sue idee, noi lo riportiamo direttamente dal saggio di Tarquini:
«Il bisogno di possedere la propria terra e i disordini agrari che ne derivano ci indicano le misure da adottare per far uscire la popolazione contadina dalla situazione anormale in cui si trova. Il solo rimedio al regime della Comune è la proprietà individuale. Questa è la garante dell’ordine, perché il piccolo proprietario terriero costituisce l’elemento su cui riposa la stabilità dello Stato. Nel momento attuale, è il contadino più attivo che diviene ordinariamente un kulak, che sfrutta i membri della sua Comune, e che viene soprannominato in modo pittoresco ‘il parassita del MIR’. È quello quasi il solo espediente del contadino energico per liberarsi dalla povertà e dall’oscurantismo, una carriera invidiabile secondo la mentalità dei nostri tempi. Ora, è possibile mettere a disposizione dell’agricoltore laborioso un lotto di terra, dapprima provvisoriamente, a titolo di esperimento, e in seguito definitivamente in piena proprietà. Questi lotti di terra possono essere prelevati dalla superficie appartenente allo Stato o, meglio, dal fondo che è a disposizione della Banca rurale, a condizione che siano garantiti l’acqua e gli altri elementi propri dell’agricoltura moderna. In queste condizioni, a fianco della Comune, laddove questa può ancora aver vita, farebbe la sua apparizione un agricoltore agiato e indipendente, un rappresentante stabile della nostra terra natale. Tale tipo di contadino è già nato nelle nostre province occidentali. La sua venuta è particolarmente augurabile nell’ora attuale, in cui Vostra Maestà Imperiale ha voluto ascoltare la voce della terra per mezzo della Duma dell’Impero.»

Tutto questo non si trova nei libri di scuola, ma sicuramente vi possiamo trovare grandi elogi al compagno (parola orribile) Lenin o ad altri scagnozzi suoi analoghi servi dell’usurocrazia.
La svolta
Nel 1906, dopo che Vitte diede le dimissioni, lo Zar lo sostituì con il reazionario Ivan Logginovič Goremykin, e nell’aprile di quell’anno, Stolypin viene chiamato a far parte del suo governo come ministro degli interni.

Stolypin, in qualità di primo ministro, non ci mise molto a dare inizio alla profonda opera di riforme destinate a modernizzare il Paese e porlo all’altezza degli altri Stati europei, a da quella agraria ma, Scrive il Tarquini:
«Comprendendovi anche, come necessari corollari destinati ad estendere quella ed a renderla definitiva ed efficiente, la valorizzazione degli ampi spazi asiatici dell’Impero, il prolungamento della ferrovia transiberiana, lo sviluppo dell’istruzione e gli opportuni esperimenti di decentralizzazione. Non trascurò poi di prendere in considerazione la posizione della Russia nell’ambito internazionale, così decaduta dopo la disfatta nella guerra contro il Giappone, di cui si sentivano ancora le disastrose conseguenze, e progettò quindi la ricostruzione della flotta, sempre necessaria per la difesa della patria, nonostante che, secondo il suo pensiero una nuova guerra avrebbe compromesso il suo piano di riforme e avrebbe alimentato una situazione rivoluzionaria, ancora peggiore di quella precedente.»
Sulla base di questo ordine di idee, Stolypin, nel 1908, si rifiutò di coinvolgere la Russia in una guerra contro l’Austria-Ungheria, quando questa annesse a sé la Bosnia-Erzegovina, di conseguenza, propose allo Zar di farsi promotore della creazione di un parlamento internazionale che operasse da arbitro nelle controversie internazionali. Stolypin era fortemente convinto del fatto che solo un lungo periodo di pace avrebbe potuto permettere la completa realizzazione delle sue riforme.
A questo proposito devo citare le parole dettate nel 1911 da Stolypin stesso ad Aleksandr V. Zenkovskij, le quali si possono considerare come il suo testamento politico:
«Si deve comprendere che se noi trascuriamo questa opportunità di creare un parlamento internazionale per regolare i conflitti ed i malintesi che sopravvengono periodicamente tra gli Stati e minacciano di distruggere il mondo intero, allora, con l’aiuto dell’aviazione e l’invenzione di armi di grande capacità distruttiva, una guerra mondiale potrebbe cagionare un disastro inimmaginabile per tutti i popoli. È assurdo che nessuna grande potenza abbia proposto di risolvere i problemi internazionali con mezzi pacifici.»
Si potrebbe dire che Stolypin ci avesse visto molto lungo, quelle parole erano il frutto della consapevolezza relativa alla presenza di un potere che andava oltre gli stati, i monarchi e via discorrendo, il quale mirava all’assoggettamento totale del mondo al suo volere.
Tuttavia, questo non bastò a fermarlo, come nemmeno gli attentati. Il lavoro di Stolypin era vastissimo, e richiedeva perciò molto tempo per la sua completa realizzazione. Nel 1909, rivolgendosi all’ambasciatore di Francia in Russia Georges Louis ed al giornalista francese Gaston Dru, come riporta Tarquini, egli disse:
«La Russia ha bisogno di dieci anni di pace. Se ciò si avverasse, voi non la riconoscereste.»
La riforma agraria e la morte
Stolypin aveva ragione. La prova dell’esattezza di questa previsione appena menzionata la forniscono i fatti. Sempre il Tarquini:
«Con Stolypin, il numero delle famiglie contadine titolari di proprietà (invece che dell’usufrutto delle Comuni) passò da 2.800.000 (pari al 33% dei 12 milioni di famiglie) nel 1905 a 7.500.000 (pari al 57% dei 15 milioni di famiglie) nel 1915, ciò che rappresenta un aumento percentuale del 23% in appena dieci anni. Inoltre, c’è da considerare nella sua enorme importanza che in pochi anni la Russia divenne la prima fornitrice mondiale di cereali, con un aumento delle esportazioni di grano (tra il 1906 ed il 1910) da 589 milioni di libbre a 850.»
Il successo di tutte queste grandi e profonde riforme nella realtà sociale della Russia si basava su una particolare condizione imprescindibile, ossia quella dell’ordine pubblico.
La riforma agraria, la decentralizzazione(vera)della struttura statale, la costruzione di efficienti infrastrutture, la razionalizzazione e l’incremento della nascente industria, la lotta all’analfabetismo, la riforma inerente lo snellimento della burocrazia, il riassetto dell’esercito e la ricostruzione della flotta, erano impegni duri e difficili da perseguire, pertanto, risultava necessario che cessassero nell’intero paese le violenze terroristiche, i disordini programmati dai vari raggruppamenti politici che alimentavano uno stato di tensione continua.
Tutto questo non avrebbe fatto altro che ostacolare la realizzazione dei programmi, o comunque a ridurne notevolmente i risultati; pertanto, Stolypin diede inizio anche ad una riforma delle leggi penali e ad una riorganizzazione della giustizia, la quale portò alla restaurazione dell’ordine pubblico entro il 1909.
Scrive Bruno Tarquini:
«Il programma di pacificazione ebbe successo, giacché nel paese inizio uni stato di relativa tranquillità. Scioltasi la prima Duma ad opera di Goremykin, come si è già appreso, Stolypin fu costretto a sciogliere anche la seconda, ancor più dell’altra composta di elementi rivoluzionari, e ad emanare una nuova legge elettorale, cosicché nel 1907 fu eletta la terza Duma, con la quale egli si assicurò una maggioranza sicuramente più malleabile ed in ogni caso più favorevole alle sue leggi di riforma. In questa Duma il primo ministro aveva finalmente una maggioranza di 276 deputati (Ottobristi, Ottobristi di destra, Nazionalisti russi, Destra, Nazionalisti indipendenti), accentrata com’era sugli Ottobristi (succedutisi ai Cadetti), che davano il loro pieno appoggio al governo. Essa terminò il proprio mandato nel 1917, vale a dire dopo la morte di Stolypin, il quale aveva avuto a disposizione (contrariamente alle più volte manifestate speranze) soltanto cinque anni per portare a termine i propri programmi, che, invece, avrebbero richiesto un tempo ben maggiore per la loro completa realizzazione. Degno di nota è anche il fatto che il primo ministro non aveva avuto bisogno di avvalersi del ricorso straordinario previsto dall’art. 87 della Costituzione (che gli avrebbe consentito di non tener conto dell’eventuale opposizione dei deputati o del Consiglio dell’Impero), se non per l’approvazione della legge agraria. In questa Duma il primo ministro aveva finalmente una maggioranza di 276 deputati (Ottobristi, Ottobristi di destra, Nazionalisti russi, Destra, Nazionalisti indipendenti), accentrata com’era sugli Ottobristi (succedutisi ai Cadetti), che davano il loro pieno appoggio al governo. Essa terminò il proprio mandato nel 1917, vale a dire dopo la morte di Stolypin, il quale aveva avuto a disposizione (contrariamente alle più volte manifestate speranze) soltanto cinque anni per portare a termine i propri programmi, che, invece, avrebbero richiesto un tempo ben maggiore per la loro completa realizzazione. Degno di nota è anche il fatto che il primo ministro non aveva avuto bisogno di avvalersi del ricorso straordinario previsto dall’art. 87 della Costituzione (che gli avrebbe consentito di non tener conto dell’eventuale opposizione dei deputati o del Consiglio dell’Impero), se non per l’approvazione della legge agraria.»
Dunque, in conformità con il già citato art. 87 della Costituzione, il decreto del 9 novembre del 1906 prevedeva per ciascun contadino la facoltà di lasciare la Comune rurale di appartenenza e di acquistare la proprietà privata della terra, enorme operazione che si sarebbe potuta assorbire in una generazione, vale a dire in una ventina di anni, come del resto lo stesso Stolypin aveva previsto, tenuto altresì conto del fatto della continua crescita della popolazione russa, la quale, in riferimento al solo territorio europeo, era aumentata da 59,415 milioni nel 1858 a 125,561 milioni nel 1913.
Al centro di tutta questa grande e complessa operazione vi era la Banca Agraria e in questo frangente citiamo ancora Tarquini:
«La Banca Agraria ha l’obbligo di acquistare tutte le terre che i proprietari intendevano vendere, per aggiungerle a quelle dello Stato, così da costituire un’enorme riserva, nella quale ciascun contadino, liberatosi da ogni vincolo con la Comune, poteva acquistare un appezzamento a credito, versando alla Banca solo la somma di denaro di cui disponeva, assumendosi il tesoro imperiale a proprio carico la differenza del prezzo.»

Un’operazione del genere, dalla morte di Stolypin in poi, non sarebbe mai più stata possibile. Per quanto riguarda ai risultati della riforma agraria, ovviamente compromessa dalla prematura e violenta morte del suo fautore, oltre a quelli menzionati in precedenza, citiamo ancora Tarquini:
«Nel 1914 la proprietà dei contadini risultava aumentata di nove milioni e mezzo di ettari, mentre erano diminuite quella dei nobili (di 10,2 milioni di ettari) e quella dello Stato e della famiglia reale (di 1,4 milioni di ettari). Ordunque era quindi necessario por mano anche all’incremento dell’industria, per convogliarvi i contadini in soprannumero nelle campagne, il che poteva agevolmente essere conseguito facilitandone l’emigrazione nella quasi spopolata Siberia; infatti in questa vastissima regione il milione di russi insediativi era stato portato a quattro milioni e mezzo (con un aumento, quindi, di tre milioni e mezzo) nel brevissimo periodo di tempo che va dal 1907 al 1909; e ciò anche tenendo conto che si era verificato pure un reflusso di trecentomila persone (evidentemente molto contenuto) tra il 1906 ed il 1909.»
Concludendo sul punto, occorre sottolineare che gli incredibili risultati apportati dalle riforme di Stolypin divennero fonte di preoccupazione tra i “rivoluzionari”, specialmente Lenin, i quali utilizzarono qualsiasi mezzo pur di cancellare quanto fatto da Stolypin ed eliminare sistematicamente ogni singolo provvedimento da lui adottato.
Il sogno di trasformare la Russia in un grande paese, («la più grande potenza a livello mondiale se solo Stolypin fosse riuscito a raggiungere i suoi obiettivi con i tempi dovuti», per citare il già menzionato Vladimir Soloukhin), svanirono per sempre. A tal proposito occorre ricordare, che nel marzo del 1917 (anno dell’inizio della “rivoluzione”), a causa delle continue pressioni dei bolscevichi, il governo provvisorio fece abbattere la statua di Stolypin che era stata eretta in suo onore a Kiev.
Mentre il mausoleo del cameriere dei banchieri Lenin (come gli altri)sulla piazza Rossa a Mosca c’è ancora ed è diventato un luogo di culto.
Ai posteri l’ardua sentenza…
La morte
Nel settembre del 1911, Stolypin si recò a Kiev, nonostante i precedenti avvertimenti della polizia legati all’esistenza di prove riguardanti un piano per ucciderlo. Nonostante questo, Stolypin viaggiò senza guardie del corpo. Il 14 settembre del 1911, mentre assisteva a un’esibizione de “Il racconto dello zar Saltan” di Rimsky-Korsakov al Teatro dell’Opera di Kiev alla presenza dello zar e della sua famiglia, Stolypin venne colpito da due colpi di arma da fuoco, uno al braccio e uno al petto.
L’esecutore era Dmitri Bogrov.

L’attentato, come venne comprovato dai fatti, fu esclusivamente di natura politica, con lo scopo di mettere fine ad un progetto politico, la cui realizzazione era indubbiamente considerata in grado di impedire altri sbocchi nella storia della Russia. Stolypin era visto come un grande nemico dalla finanza internazionale, essendo che i suoi cambiamenti, riuscirono a far sì che la Russia ripagasse una sostanziosa parte dei prestiti che aveva contratto di cui abbiamo parlato in precedenza.
Ma si sa che i debiti non nascono per essere estinti.
Tarquini a tal proposito scrive:
«Questa soluzione induce senz’altro la qualifica di Bogrov come rivoluzionario o come membro del partito rivoluzionario socialista, perché introduce nell’evento una causale che porta direttamente al movimento rivoluzionario, il cui programma di sovversione urtava con quello riformista di Stolypin. Alla stessa conclusione conducono anche le altre qualifiche di Bogrov e che si riferiscono ad una sua appartenenza alla polizia o soltanto ad un ruolo di suo informatore. Contribuirebbe a questa conclusione il fatto che il ministro degli interni Pleve (predecessore di Stolypin a quel ministero), per assicurarsi il controllo del movimento operaio, aveva dato luogo alla costituzione di sindacati diretti da agenti di polizia; e che gli operai di Mosca, vedendo in ciò un’ottima occasione per creare una solida e sicura organizzazione, erano accorsi numerosi ad iscriversi al sindacato fondato da Zubatov, capo della polizia moscovita. Il che può giustificare il sospetto che l’appartenenza alla polizia o, comunque sia, un collegamento con essa a scopi informativi, non esclude affatto che Bogrov abbia agito come strumento di questo complicato intreccio di relazioni tra polizia e movimento operaio; in ogni modo, anche secondo questa ipotesi i motivi dell’assassinio rientrerebbero sempre in una visione strettamente politica. C’è anche chi sostiene una ipotesi manifestamente estrema prendendo spunto dall’immaginato coinvolgimento della polizia nel brutale fatto di sangue: e cioè che l’assassinio del primo ministro, pur compiuto materialmente da un elemento appartenente agli ambienti socialisti-rivoluzionari, sia stato occultamente voluto ed organizzato da agenti dell’ Okhrana-113 (la polizia dello zar), infiltrati per ordine dei circoli reazionari dell’aristocrazia terriera, i cui concreti interessi (anch’essi) erano minacciati dalla progettata riforma agraria di Stolypin. Questi, infatti, come si è avuto modo di ricordare, era ritenuto al contempo un nemico riformista dai movimenti rivoluzionari, ed un pericoloso rivoluzionario dagli ambienti della destra conservatrice.»
Sotto riportiamo un’immagine della sepoltura di Stolypin.

Tutto questo ci porta ad una conclusione, anch’essa comprovata dai fatti, e cioè che la mano di Bogrov fu armata da chi aveva tutto l’interesse ad interrompere la politica di riforme, attraverso l’eliminazione del loro fautore. Ma è ancora Tarquini che offre prove e spunti di riflessioni ancora più profondi:
«Nell’ambito di questa complessa causale, l’ipotesi più fondata non può che essere ravvisata soprattutto nel timore che venisse improvvisamente ed imprevedibilmente a mancare il terreno fertile per far germogliare i frutti dell’imminente rivoluzione, diretta alla distruzione della Russia e dello zarismo. Troncata la vita a Stolypin, furono tolte di mezzo con- temporaneamente la sua politica riformista e la sua politica di pace (interna ed esterna), per cui, essendo la situazione economico-sociale non ancora completamente e definitivamente risanata rispetto a quella iniziale (perché era venuto a mancare il tempo necessario), e sovvertita la politica estera con l’ingresso della Russia nella prima guerra mondiale, il bolscevismo, sfruttando anche gli aiuti, volontari e consapevoli, di alcuni uomini di Stato asserviti ai poteri occulti internazionali, conquistò trionfalmente quel potere che sottopose il popolo russo ad un totalitarismo e ad una dittatura spietata, assassina e negatoria di ogni libertà.»
Conclusioni
Come penso sia ben chiaro ormai, Stolypin aveva tanti nemici, non soltanto quando era in vita, ma anche dopo. È oggetto di tante accuse da ogni parte, da quelle che lo hanno etichettato come un uomo autoritario e tirannico, nazionalista estremo e (senza alcuna ragione) antisemita. La cosa agghiacciante è che queste accuse sono rimaste ben ferme e definitive, mentre difficilmente è stata messa in evidenza la sua onestà intellettuale, il suo sincero patriottismo, i risultati raggiunti, la sua intelligente esperienza in tutti i campi in cui aveva esercitato, per non parlare del suo vero e deciso impegno per salvare il proprio paese. Contrariamente alle affermazioni di certi storici da quattro soldi egli non fu mai contro lo Zar Nicola II, il quale lo volle fortemente, nonostante la politica di Stolypin mirasse inevitabilmente a diminuire l’autorità dello zar e lo status quo della nobiltà.
La visione di Stolypin di un mondo che risolvesse pacificamente le controversie fra gli Stati, senza dubbio anticipava la formazione di una organizzazione internazionale capace di svolgere una tale funzione con tutta l’obiettività e l’autorità necessarie (qualità che certamente mancarono alla futura Società delle Nazioni ed alla più recente Organizzazione delle Nazioni Unite).
A tal proposito, la disamina di Tarquini risulta fondamentale:
«Ma la sua intuizione fu solo apparentemente profetica, perché esisteva la fondamentale differenza che, mentre la sua idea era scevra da ogni secondo fine ed era fondata su una onestà (forse ingenua) concezione delle relazioni internazionali basata sull’uguaglianza di tutti gli Stati membri, l’assemblea che sarebbe sorta dopo la prima guerra mondiale fu, invece, impostata su criteri diametralmente opposti, basata com’era ideologicamente su principi nettamente massonici ed anticristiani, e politicamente su una esasperata discriminazione tra gli Stati, alcuni dei quali conservavano una indiscussa supremazia.»
Per delineare compiutamente la figura politica di governo Stolypin non può, inoltre, non essere sottolineato il fatto che, almeno negli anni della sua presenza nel russo, egli condusse quasi da solo la battaglia contro il bolscevismo, come è a sufficienza dimostrato dai suoi numerosi discorsi alla Duma. La sua generosa battaglia contro ‘uno dei maggiori flagelli del secolo che sta per chiudersi’ (per ripetere le parole pronunciate da Solženicyn), che conduceva con la sola forza morale delle sue riforme, le quali sarebbero servite certamente ad eliminare ogni pretesto alla rivoluzione ed alla violenza che premevano, non ebbe alla fine alcun successo, perché egli fu violentemente tolto di mezzo. Con la sua morte venne a mancare ogni ostacolo alla rivoluzione concepita e foraggiata dai circoli internazionali (dei quali si conosce fin troppo bene la precisa identità), la cui vittoria finale fu poi affrettata dalla guerra (che Stolypin aveva sempre consapevolmente cercato di evitare) e dalla condotta (volutamente ambigua) degli uomini politici che gli succedettero, e che finirono per spianare definitivamente la strada ai bolscevichi. Aleksandr Fëdorovič Kerenskij, il quale si presentò alla ribalta della Storia (e tale rimane ancora nell’opinione della storiografia ufficiale, ossia quella della propaganda) come l’ultimo e sfortunato difensore dell’Impero russo contro la massa sovversiva, ma che, al contrario, legato com’era alla massoneria internazionale, era portatore di interessi contrari a quelli della propria patria, “per cui, dopo soli cinque mesi, cedette pacificamente il potere ai bolscevichi, trovando prontamente e facilmente un rifugio dorato all’estero”.
Stolypin era e rimane il più grande politico che la Russia abbia mai avuto, un esempio di onestà, intellettuale, di serietà, di patriottismo e di umanità che nessuno è stato in grado di eguagliare. Nessun uomo in Russia ha mai fatto nulla di lontanamente vicino a quanto fatto da lui. Nessuno.
Nemmeno il falso eroe, cameriere e servo dei grandi banchieri internazionali, non diversamente da Lenin e tutti gli altri, Vladimir Putin, per il quale, Stolypin si sta rivoltando nella tomba.
Senza ripercorrere la storia russa dal ’17 ad oggi nell’attualità, cosa che abbiamo fatto in gran parte in diversi articoli, basta dare uno sguardo ad alcuni dati significativi al 21.06. 2024.
Dal portale ufficiale della banca centrale russa:
2- https://www.cbr.ru/eng/press/event/?id=18788



A buon intenditor poche parole.
Fonti
Bibliografia
- Bruno Tarquini – Pëtr Arkad’evič Stolypin – Il ministro dello Zar che fu ucciso per la sua riforma agraria e cambiò il corso della storia;
- Aleksander Jakovlev – La Russia, il vortice della memoria;
- Arnold Blumberg – Great Leaders, Great Tyrants? Contemporary Views of World Rulers Who Made History;
- Judith Pallot – Land Reform in Russia, 1906-1917: Peasant Responses to Stolypin’s Project of Rural Transformation;
- Abraham Ascher – The search for stability in tale Imperial Russia;
- Aleksandr V. Zenkovskij – Stolypin Russia’s last great reformer;




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