
È risaputo ormai, o almeno così dovrebbe essere, che il comparto agroalimentare globale è in mano ad un piccolo numero di società che da circa sessant’anni, complici anche tutte quelle organizzazioni internazionali del settore (create dagli stessi dietro le suddette corporation), plasma il nostro cibo e lo utilizza anche come arma.
Una di queste organizzazioni è il WTO – World Trade Organisation, ovvero l’Organizzazione Mondiale del commercio. Naturalmente, la sua fondazione nel 1994 è una diretta conseguenza di quanto accaduto nei trent’anni precedenti, precisamente da quando iniziò la cosiddetta Rivoluzione Verde il cui grande fautore fu il cartello finanziario monopolistico della famiglia Rockefeller (e non solo). Tale organizzazione si propone di favorire delle politiche paritarie a livello di commercio, tuttavia, le cose non stanno proprio così; infatti, il modus operandi del WTO è puramente anti nazionalistico, in quanto, per stessa ammissione dei dirigenti, la volontà perseguita è quella del binomio un solo mondo – un solo mercato. Già nel 1993, l’UE ridusse tutte quelle misure protezionistiche inerenti all’agricoltura di ogni singolo paese.
Ciò avvenne prima implementando tutte le direttive del WTO grazie alle quali non solo i paesi dell’UE si videro costretti ad allargare i propri confini e quindi consentire agli altri paesi dell’Unione stessa di lavorare più liberamente di quanto non fosse in passato, ma anche a rinunciare alle proprie riserve di grano destinate al fabbisogno interno.
Per fare un esempio, se si dà uno sguardo ai rapporti sull’agricoltura solo che nel periodo tra il 1994 e il 1998, si scopre che tutte le derrate di frumento non erano più di competenza dei singoli paesi, bensì divennero dei “beni di commercio” (come li definì Frederick William Engdahl, celebre scrittore, ricercatore studioso dei fenomeni economici nel suo saggio “I semi della distruzione”), gettati direttamente tra le fauci del cosiddetto libero mercato da parte di aziende americane del settore, le quali, non contente del potere già acquisito fino a quel momento, decisero di spingersi oltre.

Dunque, come ogni cosa, anche tutto ciò che riguarda la “salvaguardia” del settore alimentare mondiale non è altro che un’arma di distruzione di massa, specie se si pensa che tutte quelle misure e proclami in favore dei paesi sottosviluppati, non sono mai serviti ad altro che ad impoverire chi era già povero e rendere povero anche chi prima non lo era.
A tal proposito risultano molto significative proprio le parole del già citato Engdahl, nel saggio monumentale intitolato “The seeds of destruction” – I semi della distruzione:
«In un certo senso è un autentico paradosso. Il nostro pianeta ha tutto ciò che occorre per permetterci di produrre scorte di derrate alimentari sufficienti per sfamare più e più volte tutta la popolazione della Terra. I fatti dicono questo, a dispetto dei danni causati dall’industrializzazione su larga scala del settore agricolo nell’ultimo mezzo secolo o poco più. Ciò premesso, come può essere possibile che il mondo in cui viviamo si appresti a fronteggiare, come sostengono diverse previsioni, la possibilità di una carestia a livello globale della durata di un decennio, se non di più? La risposta a tale quesito va cercata nelle forze e nei gruppi di pressione che hanno deciso di creare artificialmente una carenza di beni alimentari a livello mondiale.»
Struttura e Funzionamento dei processi
Nel corso degli anni dal secondo dopoguerra in poi, l’élite mondialista dei grandi banchieri internazionali ha effettuato una suddivisione del globo su base settoriale in funzione di quattro grandi regioni, facendole diventare le più grandi potenze a livello di esportazione, implementando nello stesso tempo un sistema di controllo a livello gerarchico, cucito sulla rispettiva catena di produzione di ognuna di queste aree.
Le regioni sono le seguenti: Stati Uniti; Unione Europea; Australia, Sud Africa e Nuova Zelanda (Commonwealth); Argentina e Brasile. Attraverso un’analisi oculata di queste regioni si scopre che esse rappresentano approssimativamente una popolazione di circa 2 miliardi di unità a fronte del resto del mondo, ovvero 5,88 miliardi, il quale dipende dall’esportazione di cibo della prima.
Vi sembra una cosa normale? No, non lo è, eppure se si prova a sollevare il problema, spesso si viene tacciati di complottismo e vari eventuali epiteti del genere, ma d’altronde, come disse Gary Allen metaforicamente parlando nell’ormai lontano 1974:
«Solleva un dubbio e ti ritroverai con una pallottola in testa.»
Sempre Engdahl nell’opera citata in precedenza sottolinea che:
«Le regole del WTO affermano che le nazioni sono obbligate a eliminare le derrate alimentari in loro possesso, cancellare dazi sulle importazioni ed esportazioni di cibo, tagliare ogni tipo di intervento a sostegno del loro comparto agricolo interno; tutto ciò in base al dogma assoluto secondo cui simili misure di tutela domestica sarebbero pratiche di “distorsione del commercio” che potrebbero ostacolare i diritti basati sul libero mercato delle multinazionali globaliste. Oggi un settimo della popolazione del pianeta soffre per la mancanza di cibo non tanto o perlomeno non solo perchè questo manca, ma perchè non c’è il denaro per comprarlo. In un quadro come questo, la storia del WTO appartiene alla categoria dei crimini contro l’umanità piuttosto che a un dibattito accademico sull’economia. A fronte di questo vero e proprio programma di sterminio di massa attraverso carestia e mancanza di cibo, vale la pena ricordare quale sia il fulcro dell’ideologia alla base del WTO: il divieto assoluto alle nazioni di accumulare derrate alimentari in proprio per non creare eventuali distorsioni al libero commercio. Gli Stati, secondo tale ottica, non devono cercare la via dell’autosufficienza alimentare perché in tal modo potrebbero negare ai propri cittadini il diritto di accesso al mercato globale. Non solo: le nazioni non devono fornire alcun aiuto ai propri contadini per non danneggiare quelli di altri Paesi, così come viene proibito senza appello il ricorso a dazi doganali (che rischierebbero di impedire ai produttori stranieri di raggiungere i consumatori di questi Stati), e così via, divieto su divieto. Gli esiti di queste azioni sfociano nel genocidio e allora è meglio non stare nemmeno a perdere tempo discutendone. Cancellate tutto questo alla radice.»

Vorrei fare una piccola integrazione a quanto detto in questa parte, anche se l’autore ha già accennato al problema che riguarda il fatto che i paesi sottosviluppati (o del terzo mondo) non soffrono la mancanza di cibo perché vi è una carenza di esso, ma più che altro perchè manca il denaro con il quale acquistarlo. Questo è il vero problema e sappiamo a chi è in mano illegalmente il monopolio dell’emissione monetaria nel mondo, un problema che, in merito alla situazione africana, fra l’altro, era già stato sollevato dalla grande Gertrude Coogan negli anni ’30, nel saggio che all’epoca fece grande scalpore intitolato “Money Creators”.
Non voglio battere ulteriormente su di un tasto già più volte toccato in precedenza. Si tenga inoltre presente un dato fondamentale, ossia che quando un governo permette che il suo commercio interno prende parte ad un più vasto mercato libero di livello mondiale in nome di una presunta e quindi quanto mai falsa stabilità ed efficienza economica, significa che la sua volontà è quella di annientare il suo stesso popolo, ma è risaputo che, come scrisse il grande Ezra Pound circa una settantina di anni fa, i governi sono solo amministrazioni dell’usurocrazia e i politici niente di più e niente di meno che camerieri dei banchieri.
Corporation e monopolio
Su questa parte ci si potrebbe scrivere un libro (anche più di uno), ma ci limiteremo ad analizzare le dinamiche essenziali al fine di rendere quanto più esaustivo possibile il quadro oscuro dietro il monopolio agroalimentare mondiale.
Nel saggio intitolato “Transevolution – L’era della decostruzione umana”, Daniel Estulin, celebre scrittore e giornalista investigativo, ci dà un quadro generale molto esaustivo al riguardo:
«Anno 2004: le quattro maggiori ditte confezionatrici di carne (Tyson, Cargill, Swift e National Bel Packing) controllavano l’84% della macellazione di manzi e giovenche. I prodotti ricavati dai suini erano appannaggio di quattro colossi (le già citate Tyson e Swift, Smithfield Foods e Hormel). Tre industrie (Cargill, ADM e Bunge) si spartivano il 71% della soia frantumata, altrettante il 63% di tutta la farina di grano tenero di fresatura e cinque il 90% del commercio globale del grano. Altre quattro multinazionali (Kellogg, General Mills, Kraft Foods e Quaker Oats) dominavano l’89% del mercato dei cereali da colazione. Ma non basta, perché nel 1998 la Cargill aveva acquisito la Continental Grain per accaparrarsi il 40% del numero totale dei silos di grano negli USA. Quattro grandi colossi del settore agrochimico e per la ricerca biologica sulle piante si dividevano il 75% circa delle vendite dei semi di mais sul mercato statunitense e il 60% di quanto concerne la soia. Gli stessi (Monsanto, Novartis, Dow Chemicals e DuPont) possedevano anche gran parte del mercato dei prodotti chimici per l’agricoltura. I tre quarti della produzione globale di pesticidi erano terreno di dominio assoluto di sei industrie. Il mercato dei semi di mais e di soia negli USA era controllato da Monsanto e DuPont per il 60%, cifra rapportabile alla proporzione di OGM messi in commercio da entrambe le compagnie. Per concludere, due anni prima, nel 2002, dieci grandi aziende distributrici di cibo avevano, da sole, un volume di affari pari a 649 miliardi di dollari; prendendo in esame le prime 30 industrie del settore, risulta che da queste dipende un terzo delle vendite globali di prodotti alimentari.»
Non è finita qui, perché dietro questi nomi vi è un unico e solo cartello: i Rockefeller, spalleggiati da tutto il Miglio Quadro Londinese . Si specifica ancora una volta che il Miglio Quadro Londinese è il centro dove si trovano le sedi centrali delle più grandi banche, istituti finanziari, compagne di assicurazione e società specializzate in ogni settore del mondo.
Tornando a noi, questi gruppi si sono andati fortificando nel tempo e ad oggi, come sottolineato in precedenza, tengono il mondo sotto scacco sotto il profilo agroalimentare, cosa che li rende de facto tra le forze più pericolose e distruttive del pianeta. Questo monopolio ha la facoltà di decidere quando e come vuole chi può mangiare e chi non può farlo, decretando sostanzialmente chi deve vivere e chi deve morire.








Il ruolo della Commissione Trilaterale: Rivoluzione Verde, OGM, Carne sintetica e insetti
La Commissione Trilaterale come abbiamo già avuto modo di approfondire anche negli altri articoli, è un organismo sovrannazionale tra i più potenti del mondo. Essa venne fondata nel 1973 da David Rockefeller, il quale riunì circa 300 personalità di altissimo livello scelte tra i suoi “soldati” in America, in Europa e in Giappone. Da sottolineare che molte di queste erano (e sono a tutt’oggi) membri del CFR, il Council on Foreign relations, l’organo che, come riportato dal grande Gary Allen nei saggi “Nessuno osi chiamarla cospirazione” e “The CFR cospiracy to rule the world”, di concerto con la Federal Reserve governa gli USA e che ne designa i presidenti sin dal 1939. Non meno importante il fatto che il CFR venne creato dagli stessi che diedero vita prima ancora al RIIA – Royal Institute of International Affairs e la stessa Federal Reserve, per finire al Club Bilderberg, senza dover per forza citare le molte altre. All’epoca, tra gli esponenti che furono convocati, vi erano Zbigniew Brzezinski, Jimmy Carter, George Herbert Walker Bush, Paul Volker (guarda caso, l’allora niente meno che presidente della Federal Reserve) e molti altri.
Della commissione Trilaterale se ne parla troppo poco, quando in realtà meriterebbe un’analisi molto approfondita, in quanto trattasi del “Gruppo di pressione internazionale secondo per potenza al solo CFR”, per usare le parole dello stesso Gary Allen. E per integrare quanto affermato e provato da Allen, portiamo un altro passo di quella che è una pietra miliare della vera controinformazione (rarissima) del testo prima citato di Engdahl “I semi della distruzione”:
«Sono stati proprio i membri della Commissione Trilaterale a preparare il terreno per l’odierna globalizzazione. Tra le altre cose, costoro seguirono anche l’avviso di Samuel Huntington, secondo il quale l’instabilità insita nella democrazia andava affrontata con alcune misure per favorire l’apatia (pubblica) e il disinteresse per la politica combinato con segretezza e inganno. La Commissione Trilaterale spinse anche per la privatizzazione del settore pubblico mondiale, oltre che per una deregolamentazione generale del comparto industriale. Jimmy Carter, esponente dell’organizzazione, una volta eletto alla presidenza degli Stati Uniti ne implementò con entusiasmo i precetti, dando il via al processo poi continuato da Ronald Reagan negli anni Ottanta e via via tutti gli altri a seguire, di cui passano quasi del tutto inosservate l’origine e le vere colpe alla radice.»



Rivoluzione Verde
Verso la fine degli anni ‘50 sull’onda di una enorme propaganda condotta dai mass media (tutti in mano all’élite mondialista), si cercò di promuovere la cosiddetta Rivoluzione verde, termine ormai inserito a pieno titolo nel linguaggio quotidiano della popolazione mondiale. Essa all’epoca era ancora in fase embrionale, ma nel corso del decennio successivo si diceva che avesse già iniziato a dare buoni frutti salvando dalla fame e dalla miseria quasi un miliardo di persone tra l’America Latina, l’India e il Messico. La cosa poi, sempre secondo la propaganda, si allargò anche al resto del mondo, specie quello occidentale. Ovviamente il tutto venne giustificato dai grandi vantaggi offerti dal libero mercato, ma ne siamo sicuri?
Il manifesto propagandistico della Rivoluzione Verde ha fatto credere al mondo che gli obiettivi perseguiti e poi raggiunti sono quelli di una modernizzazione dei mezzi di produzione agricola, investimenti nell’ampliamento delle infrastrutture dedicate e la distribuzione degli agricoltori di semi ibridi, fertilizzanti e via discorrendo. Ma le cose non stanno realmente così. I dati raccolti dagli inizi degli anni ’60 indicano al contrario che tale Rivoluzione non fu altro che il pretesto dei Rockefeller per monopolizzare l’intero sistema agroalimentare mondiale esattamente come aveva fatto con l’industria del petrolio e quella farmaceutica.
Daniel Estulin, sempre nell’opera citata prima, mette in evidenza il fatto che il “business agrario” venne così definito perché doveva essere differenziato dall’agricoltura tradizionale, la quale si “basava sullo sfruttamento delle colture a fini di sostentamento e nutrizione umana”. Egli inoltre riporta le parole di Stephen Ledman tratte da “I colossi dell’industria agraria tentano di accaparrarsi il controllo mondiale sulle nostre riserve di cibo” il quale così recita:
«Vennero regalati ai colossi dell’industria petrolchimica statunitense e ai maggiori distributori di grano nuovi mercati per i loro prodotti. Il business agrario stava diventando globale e i Rockefeller erano in prima fila, nel contribuire a modellare l’internazionalizzazione industriale.»
Se si analizzano gli interessi della Fondazione Rockefeller, della Commissione Trilaterale stessa e delle maggiori aziende dell’industria agroalimentare americana (volente o nolente tutte facenti capo allo stesso cartello finanziario) e se si analizza la storia dell’operato di queste tre punte di lancia, si comprende dai fatti che l’obiettivo reale di questa pseudo rivoluzione poggiava sulla diffusione ad ampio spettro di nuove colture, in primis nei mercati in via di sviluppo.
Sì, stiamo parlando, nella fattispecie di culture ibride e a questo proposito, per rendere quanto più chiaro ed esaustivo il concetto, citiamo di nuovo Daniel Estulin nell’opera menzionata:
«Uno dei fattori primari delle colture ibride era la loro mancanza di capacità riproduttiva. Gli ibridi avevano infatti una limitazione interna contro la moltiplicazione. Diversamente dalle specie normalmente esistenti in natura a impollinazione aperta, il cui seme dà vita a esemplari simili alle specie originali, la capacità riproduttiva delle piante germinate dalle ibride si rivelava significativamente più bassa rispetto a quella della prima generazione. Un pugno di colossi industriali ne deteneva i brevetti genetici, che avrebbe poi riutilizzato in seguito come base di lavoro per quella che sarebbe stata la rivoluzione degli OGM. Il loro piano divenne ben presto chiaro. L’agricoltura tradizionale doveva lasciare spazio alle cosiddette colture a rendimento elevato (High Yield Varieties, HYV) di varietà ibride di grano, mais e riso con grossi apporti chimici. Questo fu l’inizio del business agrario e andò di pari passo con la strategia della Rivoluzione verde, che avrebbe introdotto le alterazioni genetiche delle piante. Tale rivoluzione finì anche col recare danno ai terreni. Le monocolture cancellano la biodiversità, sono nocive per la fertilità del suolo e causano la diminuzione, nel tempo, della resa delle colture; inoltre, il ricorso indiscriminato a pesticidi chimici è fonte, in prospettiva, di gravi problemi di salute. Da qui partì anche il processo di asservimento attraverso l’arma del debito: ne furono protagonisti il FMI e la Banca mondiale, senza considerare i prestiti forniti dalle banche private. I grandi proprietari terrieri possono sostenere i mutui e ripagarli nel tempo; i piccoli agricoltori no e spesso finiscono in bancarotta proprio per questo, il che rientra appunto nel piano per eliminarli.»
Immaginate se tutto questo venisse discusso in un programma televisivo, sareste bollati come teorici della cospirazione. Qual è la scusa che viene genericamente propagandata dai media in merito al crescente aumento dei terreni agricoli abbandonati, campagne vuote e via discorrendo? Qualsiasi, meno che la verità.
Uno tra i più grossi effetti della Rivoluzione Verde è stato proprio lo svuotamento delle campagne di lavoratori agricoli, i quali si sono ritrovati alla disperata ricerca di un’occupazione nelle città. Estulin così prosegue:
«Anche questo non avveniva certo per caso, ma rientrava nel piano per la creazione di un serbatoio di manodopera a basso costo per le incombenti multinazionali provenienti dagli USA: la globalizzazione dei nostri giorni, insomma. La Rivoluzione verde era abitualmente accompagnata dall’introduzione di ambiziosi progetti di irrigazione, che spesso dipendevano da prestiti della Banca mondiale per la costruzione di nuove e imponenti dighe; in varie occasioni, a tale scopo si giunse addirittura ad allagare aree precedentemente abitate e terreni coltivabili. Le nuove varietà di grano (più resistenti rispetto a quelle naturali) avevano inoltre una resa talmente elevata da portare alla saturazione del suolo con enormi quantità di fertilizzante per acro.»
A tal proposito si vuole sottolineare che i fertilizzanti in questione, come fa notare lo stesso Estulin, erano composti di nitrati di greggio, ovvero tutte materie sotto il diretto controllo delle più grosse compagnie petrolifere del mondo, le cosiddette “Sette Sorelle”, le quali, indirettamente o meno, fanno tutte in capo al cartello della famiglia Rockefeller. Allo stesso tempo, insieme a tutto ciò, come fa notare a sua volta Engdahl, venivano utilizzate elevatissime dosi di erbicidi e pesticidi funzionali alla nascita di veri e propri nuovi mercati in cui le Sette Sorelle del settore petrolifero, di concerto con i colossi della chimica, potevano continuare a crescere e così incrementare il loro potere.
A questo proposito vogliamo citare ancora Estulin sempre sulla base dello stesso testo, il quale riteniamo fonte inesauribile di conoscenza sull’argomento:
«Come ha fatto notare un analista, la sedicente Rivoluzione verde, in ultima analisi non fu altro che una rivoluzione all’insegna della chimica. Le nazioni in via di sviluppo non avevano alcuna possibilità di pagare le ingenti quantità di fertilizzanti e di pesticidi chimici impiegate; quindi, non avevano altre opportunità che quella di rivolgersi ai canali di credito offerti dalla Banca Mondiale e ai prestiti speciali della Chase Manhattan Bank dei Rockefeller e di altri grandi istituti di New York, dietro garanzie espressamente fornite dal governo statunitense. Notate e tenete bene a mente che i fertilizzanti e i pesticidi chimici sono nelle mani dei medesimi cartelli che controllano l’accesso al cibo e che rivendicano i diritti per brevettare le diverse varietà di semi e di colture. Queste stesse lobby controllano anche l’accesso alle tecnologie con cui manipolare i tratti genetici; con il pieno sostegno di Washington e del WTO, giocano a essere Dio e a creare la vita. Sono gli stessi gruppi che decidono sulla produzione e distribuzione di ciò di cui ci nutriamo, così come decidono le rotte commerciali attraverso cui il cibo arriva a noi. Attenzione, però, perché la storia non finisce qui. Il controllo delle derrate alimentari si configura come una questione di sicurezza nazionale. Il dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti d’America rappresenta uno degli elementi primari nella più ampia struttura per la sicurezza nazionale che Washington ha edificato per assicurarsi il controllo sull’intero mercato alimentare mondiale.»
OGM
«Parlando a livello personale, posso dire di essermi accorto del particolare interesse dell’élite mondialista nei confronti dell’agricoltura quando cominciai ad approfondire il tema delle colture geneticamente modificate. In breve tempo iniziai a interessarmi a come funzionavano i mercati globali del settore. Man mano che facevo ricerche in tal senso, mi rendevo conto che una delle armi più efficaci a disposizione della lobby di cui i grandi mass-media si facevano megafoni era costituita dalle coltivazioni geneticamente modificate (ossia le sementi con un DNA creato in laboratorio e mutato grazie all’introduzione di geni resistenti ai batteri esterni per dare vita a nuove varietà di mais, di soia e di altri vegetali). Si stava cercando di farle passare agli occhi dell’opinione pubblica come la soluzione alla fame nel mondo, ma ai miei occhi non c’era alcun senso in tutto ciò. Mi chiesi pertanto da dove fosse arrivata, quest’idea delle coltivazioni geneticamente modificate. Ecco allora che, indagando, mi imbattei in un nome ben conosciuto e in un ente già rinomato per i suoi tentativi di mettere le mani sul petrolio e sul potere mondiale: la famiglia Rockefeller e l’omonima fondazione ad essa collegata. Entrando ancora più nello specifico, esistono tre o quattro grandi gruppi del business agrario e agrochimico, a loro volta inseriti nel settore dell’industria chimica, che hanno virtualmente monopolizzato l’intero mercato e dato vita a un sistema consociativo per la creazione di sementi geneticamente modificate. Dopo poco tempo capii che si trattava di una faccenda di natura squisitamente politica. Man mano che mi informavo e indagavo, i piani per la manipolazione genetica mi apparivano sempre più diabolici.»
Sì, è sempre Estulin che parla attraverso il testo già citato, il quale sottolinea inoltre l’incredibile quantità di finanziamenti ricevuti dai più svariati programmi di eugenetica condotti dalle grandi industrie del settore. Ma vediamo nel dettaglio di cosa si tratta sempre attraverso il buon Estulin:
Una di queste aziende del settore è la Monsanto che, al pari di Halliburton, Exxon Mobile o Boeing, ritenute aziende strategiche di interesse nazionale, usufruisce delle risorse del governo statunitense e delle istituzioni internazionali per affermare la propria influenza nel panorama economico globale. In questo contesto si vuole rimarcare l’importanza cruciale dei Rockefeller, i quali finanziarono le prime ricerche che, come primi frutti, diedero vita a prodotti transgenici attraverso l’introduzione di batteri esterni all’interno dei tratti genetici specifici del mais e della soia. Non lo dico io, questo è testimoniato dallo stesso Estulin e dagli stessi documenti inerenti alle sperimentazioni su scala globale. Tuttavia, è necessario evidenziare come l’unica e sola varietà in commercio sia la “Semenza resistente al Roundup della Monsanto, un erbicida a base di glifosato diventato nel giro di poco tempo il disinfettante chimico per piante più venduto al mondo”. Non è un caso, infatti, che i semi modificati geneticamente dalla Monsanto sono gli unici capaci di opporre resistenza alle tossine che vengono “irrorate sui campi e che uccidono ogni pianta con cui entrano in contatto. »

Tutto questo non ci dice proprio nulla? Provo a dare un piccolo suggerimento, ossia, i Rockefeller, di concerto con il resto dell’élite mondialista, hanno iniziato con i semi e le piante per arrivare al sogno proibito, ovvero la manipolazione dei geni degli esseri umani.
Carne sintetica
I primi esperimenti sulla riproduzione delle cellule in vitro risalgono al 1912, ovvero al tempo in cui il premio Nobel Alexis Carrel (chirurgo e biologo francese) inserisce una piccola parte di muscolo cardiaco di pollo in una soluzione di cui si è fatto mistero a lungo, che è poi sopravvissuto per anni grazie al… Rockefeller Institute.
Successivamente, con il trascorrere degli anni, i Rockefeller finanziarono programmi di ricerca e sviluppo sulla carne sintetica, fino a quando, nel 1971, venne eseguita la prima coltivazione in vitro di fibre muscolari della storia dallo scienziato americano Russell Ross. Nello specifico si trattava di cellule di muscolo liscio derivato dall’aorta di una cavia, coltivate per otto settimane in coltura cellulare. Le cellule mantennero la morfologia del muscolo liscio in tutte le fasi della loro crescita, anche in più strati sovrapposti.
Tutte le analisi delle microfibrille mostrarono una composizione amminoacidica simile a quella della proteina della stessa fibra elastica intatta. Su questo argomento si suggerisce la lettura del saggio intitolato “La prima grande inchiesta sulle lobby del cibo in provetta” di Gilles Luneau, scrittore e giornalista francese, studioso dei fenomeni inerenti alla globalizzazione e questioni agroalimentari.

Successivamente, nel 1995, il ricercatore olandese Willem van Eelen deposita un brevetto al Nederlandsch Octrooibureau inerente alla produzione industriale, (attraverso l’utilizzo di tecniche di laboratorio) di cellule di tessuto di carne e pesce con completa rassomiglianza esteriore, aspetti organolettici e caratteristiche.
Van Eelen ha più volte dichiarato l’oggettiva difficoltà rappresentata dal convincere la gente a mangiare alimenti sintetici; tuttavia, se diamo uno sguardo a quanto sta accadendo oggi, sia attraverso i social che con altri mezzi, si sta assistendo ad una normalizzazione del cibo artificiale da un lato, e la sponsorizzazione di cibo a base di farina di insetti dall’altra.
Nel 1998 Jon F. Vein, facoltoso imprenditore e manager aziendale, marito della celebre produttrice cinematografica Ellen Goldsmith (un cognome una garanzia), deposita un brevetto (US 6.835.390 B1) all’ufficio preposto per la produzione di tessuto ingegnerizzato di carne dedicato al consumo umano, in cui le cellule muscolari e adipose crescono in modo integrato per produrre alimenti come carne, pollame e pesce. I Rockefeller, dietro le quinte festeggiano l’ennesimo successo. Nella primavera del 2007 poi, tredici ricercatori provenienti da Europa e Stati Uniti danno vita ad un consorzio internazionale per la carne in vitro, ovvero il Meat Consortium. Il consorzio nasce da un’idea di Stig Omholt, direttore del Center for Integrative Genetics in Norvegia, il quale invita anche la compagnia petrolifera norvegese Statoil ad aderire.
Perché una compagnia petrolifera dovrebbe prendere parte ad un progetto del genere? Cosa c’entra? Semplice, la Statoil ha una divisione di ricerca e sviluppo che si occupa di esperimenti inerenti alla trasformazione di gas naturale in proteine, ovvero, parliamo nello specifico di conversione del metano in proteine.
Non ci credete? Aprite questo link e giudicate voi:
https://www.futuroprossimo.it/2022/10/uniprotein-in-qatar-proteine-ricavate-direttamente-dal-metano/




Nel 2013 poi è stato presentato il primo hamburger artificiale e oggi diverse startup cercano una soluzione per una carne più sostenibile, sia sotto il profilo etico che ambientale. Ma tutto questo nasconde ben altro, ossia la volontà di rendere l’essere umano una bestia, e fare del cibo stesso (quello vero), oltre che un’arma di distruzione di massa come è ormai da tempo, un qualcosa di sempre più elitario, esattamente come accaduto con la ricchezza.
Da tenere ben presente che tutto questo processo è parte integrante della Rivoluzione Verde iniziata alla fine degli anni ’50 e tutt’ora in atto. La scusa della sostenibilità ambientale risulta un ottimo deterrente per mettere in atto qualsiasi tipo di nefandezza per generare profitto e avvelenare la popolazione mondiale. E da tenere bene a mente anche che sempre il cartello dei Rockefeller (di cui fa parte naturalmente anche Bill Gates, il quale è un Rockefeller come dimostrato dal suo stesso albero genealogico, anche se non tra i primi gradi), il suo braccio armato la Commissione Trilaterale, le società affiliate e il World Economic Forum dirigono l’orchestra.

Fino a qui abbiamo delineato quelli che sono stati alcuni dei passaggi che hanno portato alla creazione della carne sintetica, naturalmente ve ne sono altri, ma riteniamo quanto descritto piuttosto esaustivo su come il processo si sia evoluto nel tempo sino ad arrivare ad oggi. Ciò che conta è mettere in evidenza gli effetti del consumo di carne artificiale sulla salute. Ovviamente si parla di effetti negativi, poiché la carne sintetica viene addizionata artificialmente con i nutrienti presenti nella carne tradizionale (proteine, ecc.) per far sì di avere un prodotto con valori nutrizionali paragonabili a quelli della carne animale vera e propria, ma che ovviamente non sono tali. L’impatto sul metabolismo è diverso da quello provocato dal consumo di cibo naturale, che è un complesso sistema di sostanze e processi collegati e interagenti fra loro. Infatti, perdere il legame con la naturalità degli alimenti, secondo i nutrizionisti, rappresenta un danno per la salute. Non di meno risulta fondamentale evidenziare che le carni prodotte artificialmente sono, al termine del ciclo di produzione, alimenti altamente processati, pieni di aditivi e conservanti e sottoposti a una lunga lavorazione industriale per poter conseguire l’aspetto e il gusto con cui vengono presentati.
Insetti
Escludendo per un attimo l’aspetto economico, finanziario e scientifico della questione, come abbiamo visto fino adesso, il percorso tracciato lascia intendere una volontà da parte dell’élite mondialista di introdurre norme e pratiche che mirano a cambiare l’essere umano sia fisicamente che sotto tutti gli altri aspetti. Gli insetti come alimento sono una delle frontiere privilegiate di questa perversione a dir poco diabolica. La scusa dietro l’introduzione dell’entomofagia nella vita sociale, sempre secondo i lorsignori, risiederebbe nel fatto che produrre questa tipologia di “cibo”, avrebbe un costo minore e sarebbe poi più ecosostenibile che produrre carne con gli allevamenti tradizionali, dando così la possibilità di poter sfamare quante più persone possibili.
Naturalmente sono tutte fandonie, il problema è che molte persone ci credono. Se ripensiamo a quanto scritto da Estulin a proposito del cibo sprecato nei paesi occidentali, dunque anche da tutte quelle attività voluttuarie legate al benessere, sarebbe possibile alimentare tutte le mense dei poveri d’Occidente e ancora ne avanzerebbe per sfamare buona parte dei paesi poveri. Anzi, se poi si mettesse mano alla questione monetaria, i paesi del terzo mondo non avrebbero più alcun problema alimentare.
Ma perchè dovrebbero mai agire in tal senso? Non sarebbe conveniente, dal momento che ci devono rieducare per l’ingresso nel loro “mondo nuovo”. Tuttavia il discorso dell’entomofagia non è nato adesso poiché, stando a quanto dichiarato e pubblicato dalla stessa Commissione Europea:
«A seguito della sua recente autorizzazione, il tenebrione mugnaio è ora considerato un nuovo alimento. La definizione si applica a qualsiasi prodotto alimentare che non sia stato consumato ampiamente nell’UE prima del 15 maggio 1997, data in cui è entrato in vigore il primo regolamento relativo ai nuovi alimenti. Dopo una rigorosa procedura di valutazione scientifica effettuata dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), gli Stati membri hanno dato alla Commissione il via libera per autorizzare un operatore del settore alimentare a immettere il suo prodotto sul mercato dell’UE.»
E questo non è tutto, la Commissione Europea ha adottato il relativo atto giuridico il 1 giugno 2021, trovate tutto a questo Link:
https://ec.europa.eu/newsroom/sante/items/712990/it
Si allega anche l’indirizzo dove potete trovare nello specifico le tabelle dove vengono descritte le condizioni alle quali il nuovo alimento (insetti) può essere utilizzato (categoria di alimento che può contenerlo e livelli massimi), i requisiti specifici aggiuntivi in materia di etichettatura e tutta un’altra serie di caratteristiche.



Un ultimo appunto riguarda l’agricoltura e l’Intelligenza Artificiale.
Sappiamo, come abbiamo visto in altri articoli che i paesi BRICS sono molto più avanti rispetto all’Occidente per ciò che riguarda l’implementazione dell’Agenda, e questo riguarda anche l’agricoltura. Di seguito, alcuni filmati che mostrano come, in particolare in India, Cina e Brasile, stanno implementando l’Intelligenza Artificiale nel settore agricolo, cosa alla quale deve adeguarsi anche l’Occidente, come su tutto il resto.
Potete visionarli direttamente qui dal blog, basta avviare il video e attivare i sottotitoli.
India
1
2
3
BRASILE
1
2
3
CINA
1
2
3
Non so voi, ma a parte la presa in giro dei posti di lavoro, perchè affermare che automazione e intelligenza artificiale creino posti di lavoro è assolutamente falso, in quanto il cosiddetto progresso non ha fatto altro che togliere lavoro, la domanda è questa: vogliamo davvero tutto questo? L’intelligenza artificiale è lo stadio ultimo per la sostituzione dell’uomo e la sua alienazione da se stesso e dal creato, da tutto ciò che lo circonda e che è reale.
Tutte queste magnificenza ci vengono vendute costantemente come “rivoluzionarie”.
Personalmente io rifiuto tutto ciò, ma il mio è solo un parere personale che non conta nulla.
Per loro, però, come affermano i loro camerieri, è una questione di vitale importanza nella costruzione del “mondo nuovo”.
Fonti
Bibliografia
Frederick William Engdahl – The seeds of destruction (I semi della distruzione);
Daniel Estulin – Transevolution, l’era della decostruzione umana;
Gilles Luneau – La prima grande inchiesta sulle lobby del cibo in provetta;
Rosa Koire – Dietro la maschera verde;
Gary Allen – Nessuno osi chiamarla cospirazione;
Gary Allen – The C.F.R.: Conspiracy to Rule the World;



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